{"id":169,"date":"2013-07-04T15:56:57","date_gmt":"2013-07-04T14:56:57","guid":{"rendered":"https:\/\/tecnica.me\/?p=169"},"modified":"2019-04-13T18:09:30","modified_gmt":"2019-04-13T17:09:30","slug":"la-liberta-degli-antichi-paragonata-a-quella-dei-moderni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/tecnica.me\/la-liberta-degli-antichi-paragonata-a-quella-dei-moderni\/","title":{"rendered":"La libert\u00e0 degli antichi paragonata a quella dei moderni"},"content":{"rendered":"\n

Ho tradotto, da una versione inglese, il testo di Benjamim Constant \nsia perch\u00e9 \u00e8 un testo interessante, anche se non sempre condivisibile \nquando parla di Roma, sia perch\u00e9 tenersi in allenamento con le \ntraduzioni \u00e8 sempre divertente. Lo trovo interessante soprattutto per il\n suo modo di ragionare, radicato nella storia, che rivela spunti utili, \ncome l’invenzione della vita privata, e cerca di scoprire le motivazioni\n per cui un sistema possa divenire inadatto o persino dannoso con il \npassare del tempo. Vista anche l’attuale crisi della democrazia europea \npu\u00f2 anche essere d’ispirazione.
\n <\/p>\n\n\n\n


\n\n\n\n

Signori,

\nvorrei sottoporre alla vostra attenzione alcune distinzioni, ancora \npiuttosto nuove, tra due tipi di libert\u00e0: queste differenza sono finora \nrimaste inosservate, od almeno non sufficientemente rimarcate. La prima \u00e8\n la libert\u00e0 il cui esercizio era cos\u00ec caro agli antichi popoli; la \nseconda quella il cui godimento \u00e8 particolarmente prezioso per le \nnazioni moderne. Se io sono nel giusto, questa investigazione si \nriveler\u00e0 interessante da due differenti angolazioni.

\nInnanzitutto, la confusione di questi due tipi di libert\u00e0 \u00e8 stata tra di\n noi, nei giorni troppo famosi della nostra Rivoluzione, la causa di \nmolte malvagit\u00e0. La Francia \u00e8 stata esaurita dagli esperimenti inutili, i\n cui autori, irritati dal loro povero successo, cercarono di forzarla a \ngodere il bene che essa non voleva, e le negarono il bene che voleva. \nSecondariamente, chiamati come noi siamo dalla nostra felice rivoluzione\n (la chiamo felice, nonostante i suoi eccessi, perch\u00e9 concentro la mia \nattenzione sui suoi risultati) a godere i benefici del governo \nrappresentativo, \u00e8 curioso ed interessante scoprire perch\u00e9 questa forma \ndi governo, l’unica al riparo della quale noi possiamo trovare qualche \nlibert\u00e0 e pace oggi, era totalmente sconosciuta alle nazioni libere \ndell’antichit\u00e0.

\nSo che ci sono scrittori che hanno preteso di riconoscere tracce di essa\n tra alcuni popoli antichi, nella repubblica Lacedemone [1. Sparta] per \nesempio, o tra i nostri antenati i Galli; ma essi si sono sbagliati. Il \ngoverno Lacedemone era un’aristocrazia monastica [2. una sorta di \nierocrazia, governo del clero], ed in alcun modo un governo \nrappresentativo. Il potere dei re era limitato, ma era limitato dagli \nefori, e non da uomini investiti di una missione simile a quella che le \nelezioni conferiscono oggi ai difensori delle nostri libert\u00e0. Gli efori,\n senza dubbio, sebbene originariamente creati dai re, erano eletti dal \npopolo. Ma ve ne erano solo cinque di loro. La loro autorit\u00e0 era tanto \nreligiosa quanto politica; essi addirittura condividevano \nl’amministrazione del governo, cio\u00e8, il potere esecutivo. Tali erano le \nloro prerogative, come quelle di quasi tutti i magistrati popolari nelle\n repubbliche antiche, lungi dall’essere semplicemente una barriera \ncontro la tirannia talvolta essi stessi divenivano una tirannia \ninsopportabile.

\nIl regime dei Galli, che assomigliava proprio a quello che un certo \npartito vorrebbe ripristinare per noi, era allo stesso tempo teocratico e\n guerriero. I sacerdoti godevano di potere illimitato. La classe \nmilitare o nobilit\u00e0 aveva privilegi oppressivi e marcatamente sfacciati;\n le persone non avevano diritti o salvaguardie.

\nA Roma i tribuni avevano, fino ad un certo punto, una missione \nrappresentativa. Essi erano gli organi di quei plebei cui l’oligarchia –\n la quale \u00e8 la stessa in tutte le et\u00e0 – aveva sottomesso, nel rovesciare\n i re, ad una cos\u00ec dura schiavit\u00f9. Il popolo, comunque, esercitava una \nlarga parte dei diritti politici direttamente. Essi si incontravano per \nvotare le leggi e giudicare i patrizi contro i quali erano state mosse \ndelle accuse: dunque vi erano, a Roma, solo flebili tracce di un sistema\n rappresentativo.

\nQuesto sistema \u00e8 una scoperta dei moderni, e vedrete, Signori, che la \ncondizione del genere umano nell’antiquit\u00e0 non permise l’introduzione o \nla fondazione di un’istituzione di questa natura. Gli antichi popoli non\n potevano n\u00e9 sentirne il bisogno, n\u00e9 apprezzarne i vantaggi. La loro \norganizzazione sociale li portava a desiderare una libert\u00e0 del tutto \ndifferente da quella che questo sistema garantisce a noi. L’intervento \ndi questa notte sar\u00e0 interamente dedicato a dimostrarvi questa verit\u00e0.

\nInnanzitutto chiedete a voi stessi, signori, che cosa un inglese, un \nfrancese ed un cittadino degli Stati Uniti intendono oggi con la parola libert\u00e0<\/em>.\n Per ognuno di loro \u00e8 il diritto di essere soggetti solamente alle \nleggi, e non essere arrestato, detenuto, messo a morte o maltrattato in \nqualsiasi modo da una volont\u00e0 arbitraria di uno o pi\u00f9 individui. \u00c9 il \ndiritto di ognuno di esprimere la propria opinione, scegliere una \nprofessione e praticarla, di disporre della propriet\u00e0, e anche di \nabusarne; di andare e venire senza permesso, e senza dover dare \nspiegazioni riguardo le sue intenzioni od imprese. \u00c9 il diritto di \nognuno di associarsi con altri individui, o per discutere i suoi \ninteressi, o per professare la religione che egli ed i suoi associati \npreferiscono, ed anche semplicemente per occupare i propri giorni od ore\n nel modo che \u00e8 pi\u00f9 consono alle sue inclinazioni o capricci. Infine \u00e8 \nil diritto di oguno di esercitare qualche influenza sull’amministrazione\n del governo, o eleggendo tutti od alcuni ufficiali, oppure attraverso \nrappresentanze, petizioni, richieste alle quali le autorit\u00e0 sono pi\u00f9 o \nmeno tenute a dar retta. Ora confrontate questa libert\u00e0 con quella degli\n antichi.

\nQuest’ultima consisteva nell’esercitare collettivamente, ma \ndirettamente, diverse parti della completa sovranit\u00e0; nel deliberare, \nnella pubblica piazza, circa la guerra e la pace; nel formare alleanze \ncon governi stranieri; nel votare leggi, nel pronunciare giudizi; \nnell’esaminare i resoconti, gli atti, l’amministrazione dei magistrati \n[3. intesi come funzionari]; nel chiamarli ad apparire di fronte alle \npersone riunite, nell’accusarli, condannarli od assorverli. Ma se questo\n era ci\u00f2 che gli antichi chiamavano libert\u00e0, essi ammettevano come \ncompatibile con questa libert\u00e0 collettiva la completa sottomissione \ndell’individuo all’autorit\u00e0 della comunit\u00e0. Non si pu\u00f2 trovare tra di \nloro quasi nessuno dei piaceri che abbiamo visto come parte della \nlibert\u00e0 dei moderni. Tutte le azioni private erano sottoposte ad una \nforte sorveglianza. Nessuna importanza era data all’indipendenza \nindividuale, n\u00e9 in relazione alle opinioni, n\u00e9 al lavoro, n\u00e9, \nsopratutto, alla religione. Il diritto di scegliere la propria \naffiliazione religiosa, un diritto che noi consideriamo come uno dei pi\u00f9\n preziosi, sarebbe sembrato agli antichi un crimine ed un sacrilegio. \nNel dominio che sembra a noi il pi\u00f9 utile, l’autorit\u00e0 del corpo sociale \ninterponeva s\u00e9 stessa ed ostruiva la volont\u00e0 degli individui. Tra gli \nSpartani, Terpandro non pot\u00e9 aggiungere una riga alla sua lirica senza \ncausare offesa agli efori. Nelle pi\u00f9 domestiche delle relazioni la \npubblica autorit\u00e0 interveniva nuovamente. Il giovane lacedemone non \npoteva visitare la sua nuova moglie liberamente. A Roma, i censori \ngettavano un occhio indagatore sulla vita familiare. Le leggi regolavano\n i customi e, dato che i costumi toccavano ogni cosa, vi era a stento \nqualcosa che le leggi non regolavano.

\nCos\u00ec tra gli antichi l’individuo, quasi sempre sovrano nei pubblici \naffari, era uno schiavo nelle sue relazioni private. Come cittadino, \negli decideva sulla pace e sulla guerra; come individuo privato, egli \nera costretto, guardato e represso in tutti i suoi movimenti; come un \nmembro del corpo collettivo, egli interrogava, respingeva, condannava, \nriduceva in miseria, esiliava o sentenziava a morte i suoi magistrati e \nsuperiori; come un soggetto del corpo collettivo egli stesso poteva \nessere privato del suo stato, spogliato dei suoi privilegi, bandito, \nmesso a morte, dalla volont\u00e0 discrezionale dell’intero a qui egli \napparteneva. Tra i moderni, al contrario, l’individuo, indipendente \nnella sua vita privata, e, anche nel pi\u00f9 libero degli stati, sovrano \nsolo in apparenza. La sua sovranit\u00e0 \u00e8 ristretta e quasu sempre sospesa. \nSe, a fissi e rari intervalli, nei quali egli \u00e8 ancora circondato da \nprecauzioni ed ostacoli, egli esercita questa sovranit\u00e0, \u00e8 sempre \nunicamente per rinunciarvi[4. vale a dire per eleggere un \nrappresentante].

\nIo devo a questo punto, Signori, fermarmi un momento per anticipare \nun’obiezione che potrebbe essermi rivolta. C’era nell’antichit\u00e0 una \nrepubblica dove la schiavit\u00f9 dell’esistenza individuale al corpo \ncollettivo non era completa come quella che ho descritto. Questa \nrepubblica era la pi\u00f9 famosa di tutte: intuirete che sto parlando di \nAtene. Vi ritorner\u00f2 pi\u00f9 tardi, a nel sottoscrivere la verit\u00e0 di questo \nfatto, io ne indicher\u00f2 anche la sua causa. Vedremo perch\u00e9, di tutti gli \nstati antichi, Atene era quello che pi\u00f9 assomigliava a quelli moderni. \nIn tutti gli altri la giurisdizione sociale era illimitata. Gli antichi,\n come dice Condorcet, non avevano nozione di diritti individuali. Gli \nuomini erano, per cos\u00ec dire, meramente macchine, i cui ingranaggi e \nruote dentate erano regolati dalla legge. La stessa soggezione \ncaratterizzava i secoli d’oro della Repubblica Romana; l’individuo era \nin qualche modo perso nella nazione, il cittadino nella citt\u00e0. Noi \nrintracceremo questa essenziale differenza tra gli antichi e noi stessi \nfino alla sua fonte.

\nTutte le antiche repubbliche erano ristrette ad un piccolo territorio. \nIl pi\u00f9 popoloso, il pi\u00f9 potente, il pi\u00f9 sostanziale tra di loro, non era\n uguale in estensione al pi\u00f9 piccolo degli stati moderni. Come \nconseguenza inevitabile del loro piccolo territorio, lo spirito di \nqueste repubblice era bellicoso; ogni popolo incessantemente attaccava i\n suoi vicini od era attaccato da loro. Cos\u00ec condotti dalla necessit\u00e0 \nl’uno contro l’altro, essi si combattevano o si minacciavano l’un \nl’altro costantentemente. Quelli che non avevano ambizione di essere \nconquistatori, non potevano comunque posare le loro armi, per paura di \npoter essere conquistati. Tutti avevano da comprare la propria \nsicurezza, la propria indipendenza, la propria intera esistenza al \nprezzo della guerra. Questo era il costante interesse, l’occupazione \nquasi abituale degli stati liberi dell’antichit\u00e0. Alla fine, quale un \negualmente necessario risultato di questo modo di essere, tutti questi \nstati avevano schiavi. Le professioni meccaniche e persino, tra alcuni \nnazioni, quelle industriali, era legate a persone in catene.

\nIl mondo moderno ci offre una visione completamente opposta. I pi\u00f9 \npiccoli stati dei nostri giorni sono incomparabilmente pi\u00f9 grandi di \nquanto Sparta o Roma[5. questo \u00e8 chiaramente un errore] fossero durante \ncinque secoli. Perfino la divisioni dell’Europa in parecchi stati \u00e8, \ngrazie al progresso dell’illuminismo, pi\u00f9 apparente che reale. Mentre \nogni popolo, nel passato, formava una famiglia isolata, nato nemico di \naltre famiglie, una massa di esseri umani ora esiste, che, sotto nomi \ndifferenti e sotto forme differenti di organizzazione sociale, sono \nessenzialmente omogenei nella loro natura. Questa massa \u00e8 abbastanza \nforte da non avere niente da temere dalle orde barbare. \u00c9 \nsufficientemente civilizzata da trovare la guerra un peso. La sua \ntendenza uniforme \u00e8 verso la pace.

\nQuesta differenza porta ad un’altra. La guerra precede il commercio. \nGuerra e commercio sono solo due mezzi differenti per ottenere lo stesso\n fine, che \u00e8 quello di ottenere ci\u00f2 che si vuole. Il commercio \u00e8 \nsemplicemente il tributo pagato alla forza del possessore dall’aspirante\n al possesso. \u00c9 un tentativo di conquistare, tramite un mutuo accordo, \nci\u00f2 che si non pu\u00f2 pi\u00f9 sperare di ottenere attraverso la violenza. Un \nuomo che fosse stato sempre il pi\u00f9 forte non potrebbe mai concepire \nl’idea del commercio. \u00c9 l’esperienza, provando a lui che la guerra, cio\u00e8\n l’uso della sua forza contro la forza degli altri, lo espone ad una \nvariet\u00e0 di ostacoli e sconfitte, che lo conducono a ricorrere al \ncommercio, che \u00e8 un pi\u00f9 mite e sicuro mezzo per impegnare l’interesse \ndegli altri ad accettare ci\u00f2 che si adatta al suo. La guerra \u00e8 tutto \nimpulso, il commercio, calcolo. Da ci\u00f2 consegue che un’era deve arrivare\n nella quale il commercio rimpiazza la guerra. Noi abbiamo raggiunto \nquesta era.

\nNon intendo dire che tra gli antichi non vi fossero popoli commercianti.\n Ma questi popoli erano per certi versi un’eccezione alla regola \ngenerale. I limiti di questo intervento non mi permettono di illustrare \ntutti gli ostacoli i quali si opponevano allora al progresso del \ncommercio; voi li conoscete bene quanto me; Ne menzioner\u00f2 solamente uno \ndi loro.

\nLa loro ignoranza della bussola significava che i marinai dell’antichit\u00e0\n dovevano sempre tenersi vicini alla costa. Passare attraverso le \nColonne di Ercole, cio\u00e8, lo stretto di Gibilterra, era considerata la \npi\u00f9 audace delle imprese. I fenici ed i cartaginesi, i pi\u00f9 abili dei \nnavigatori, non la rischiarono fino a molto tardi, ed il loro esempio \nrimase a lungo senza imitatori. In Atene, di cui parleremo presto, \nl’interesse in imprese marittime era circa il 60%, mentre l’interesse \nordinario era solamente il 12%: ecco come sembrava pericolosa l’idea \ndella navigazione per lunghe distanze.

\nInoltre, se potessi permettermi una digressione che sfortunatamente si \nproverebbe troppo lunga, vi mostrerei, Signori, attraverso i dettagli \ndei customi, abitudini, modi di commerciare con altri dei popoli \ncommercianti dell’antichit\u00e0, che il loro stesso commercio era impregnato\n dello spirito del tempo, dall’atmosfera di guerra ed ostilit\u00e0 che lo \ncircondava. Il commercio era allora uno sfortunato accidente, oggi \u00e8 il \nnormale stato delle cose, il solo scopo, la tendenza universale, la vera\n vita delle nazioni. Esse vogliono pace, e con la pace conforto, a come \nsorgente di conforto, industria. Ogni giorno la guerra diviene un pi\u00f9 \ninefficace mezzo per soddisfare i loro desideri. I suoi azzardi non \noffrono pi\u00f9 agli individui benefici che corrispondono ai risultati del \nlavoro pacifico e degli scambi regolari.

\nFra gli antichi, una guerra vittoriosa incrementava sia la ricchezza \npubblica che privata con schiavi, tributi e terre ripartite. Per i \nmoderni, anche una guerra vinta costa infallibilmente pi\u00f9 di quel che \nvale. Infine, grazie al commercio, alla religione, al progresso morale \ned intellettuale della razza umana, non ci sono pi\u00f9 schiavi tra le \nnazioni europee. Liberi uomini deveno esercitare tutte le professioni, \nprovvedere per tutte le necessit\u00e0 della societ\u00e0.

\n\u00c9 facile vedere, Signori, l’inevitabile risultato di queste differenze. \nInnanzitutto, la dimensione di uno stato causa una corrispondente \ndiminuzione dell’importanza concessa ad ogni individuo. Il pi\u00f9 oscuro \nrepubblicano di Sparta o Roma aveva potere. Lo stesso non \u00e8 vero per i \nsemplice cittadini della Gran Bretagna o degli Stati Uniti. La sua \npersonale influenza \u00e8 una parte impercettibile della volont\u00e0 sociale che\n imprime al governo la sua direzione.

\nIn secondo luogo, l’abolizione della schiavit\u00f9 ha privato la popolazione\n libera di tutto l’agio risultante dal fatto che gli schiavi si \nprendessero cura della maggior parte degli obblighi. Senza la \npopolazione di schiavi di Atene, 20.000 Ateniesi non avrebbero mai \npotuto spendere in discussioni ogni giorno alla piazza pubblica. Terzo, \nil commercio non lascia, come la guerra, intervalli di inattivit\u00e0 nelle \nvite degli uomini. Il costante esercizio di diritti politici, le \ndiscussioni giornaliere degli affari di stato, i disaccordi, le \nconfabulazioni, l’intero seguito e movimento delle fazioni, le \nnecessarie agitazioni, l’obbligatorio riempimento, se posso usare questo\n termine, della vita delle persone dell’antichit\u00e0, che, senza questa \nrisorse avrebbero languito sotto il peso di una dolente inazione, \ncauserebbe solo problemi e fatica alle moderne nazioni, dove ogni \nindividuo, occupato con le speculazioni, le sue imprese, i piaceri che \nottiene o per cui spera, non vuole essere distratto da loro se non \nmomentaneamente, e per il minor tempo che sia possibile.

\nInfine, il commercio ispira negli uomini un vivo amore dell’indipendenza\n individuale. Il commercio provvede i suoi bisogni, soddisfa i suoi \ndesideri, senza l’intervento dell’autorit\u00e0. Questo intervento \u00e8 quasi \nsempre – e non so perch\u00e9 io dica quasi – questo intervento \u00e8 \ncertamentente sempre un problema ed un imbarazzo. Ogni volta che il \npotere collettivo vuole intromettersi nelle speculazioni private, \ninfastidisce gli speculatori. Ogni volta che il governo finge di fare il\n nostro interesse, lo fa pi\u00f9 incompetentemente e costosamente di quello \nche vorremmo.

\nHo detto, Signori, che sarei ritornato ad Atene, il cui esempio potrebbe\n essere opposto ad alcune delle mie asserzioni, ma che infatti le \nconfermer\u00e0 tutte. Atene, come ho gi\u00e0 fatto notare, era fra tutte le \nrepubbliche greche la pi\u00f9 strettamente impegnata nel commercio, cos\u00ec \npermetteva ai suoi cittadini un libert\u00e0 individuale infinitamente pi\u00f9 \ngrande che Sparta o Roma. Se io potessi entrare nei dettagli storici, vi\n mostrerei che, tra gli ateniesi, il commercio aveva rimosso parecchie \ndelle differenze che distinguevano i popoli antichi da quelli moderni. \nLo spirito dei mercanti ateniesi era simile a quello dei mercanti dei \nnostri giorni. Senofonte ci dice che durante la Guerra del Peloponneso, \nessi mossero i loro capitali dal continente di Attica per metterli sulle\n isole dell’arcipelago. Il commercio aveva creato tra di loro la \ncircolazione del denaro. In Isocrate v’erano segni che le banconote di \nscambio venissero usate. Osservato come i loro costumi assomigliano ai \nnostri. Nelle loro relazioni con le donne, vedete, ancora cito \nSenofonte, che i mariti, soddisfatti quando la pace ed una decorosa \namicizia regnava nelle loro famiglie, facevano concessioni per la moglie\n che era troppo vulnerabile di fronte alla tirannia della natura, \nchiudevano i loro occhi all’irresistibile potere delle passioni, \nperdonavano la prima debolezza e dimenticavano la seconda. Nelle loro \nrelazioni con gli stranieri, vedete loro estendere i diritti della \ncittadinanza a chiunque, spostandosi tra di loro con la sua famiglia, \nstabilisse qualche commercio o industria.

\nInfine, dovremmo essere colpiti dal loro amore eccessivo per \nl’indipedenza individuale. In Sparta, dice un filosofo, i cittadini \naccelerano il loro passo quanto sono chiamati da un magistrato; ma un \nateniese sarebbe disperato se si pensasse che dipendesse da un \nmagistrato. Tuttavia, diverse altre circostanza che determinavano il \ncarattere delle antiche nazioni esistevano in Atene allo stesso modo; \ncome altrove vi era una popolazione di schiavi ed il territorio era \nmolto ristretto; noi troviamo anche qui tracce di libert\u00e0 proprie degli \nantichi. Le persone facevano le leggi, esaminavano il comportamento dei \nmagistrati, chiamarono Pericle a rendere conto della sua condotta, \nsentenziarono a morte i generali che avevano comandanto la Battaglia \ndelle Arginuse. Similmente l’ostracismo, quell’arbitrariet\u00e0 legale, era \ncelebrata da tutti i legislatori dell’epoca; l’ostracismo, che appare a \nnoi, e giustamente, un’ingiustizia rivoltante, prova che l’individuo era\n molto pi\u00f9 subordinato alla supremazia del corpo sociale in Atene, di \nquello che egli sia in ognuno degli stati liberi dell’Europa di oggi.

\nSegue da ci\u00f2 che ho appena indicato che noi non possiamo pi\u00f9 godere \ndella libert\u00e0 degli antichi, la quale consisteva in un’attiva e costante\n partecipazione al potere collettivo. La nostra libert\u00e0 deve consistere \nnel pacifico godimento e nella privata indipendenza. La partecipazione \nche nell’antichit\u00e0 ognuno aveva nella sovranit\u00e0 nazionale non era \naffatto un’astratta ipotesi come \u00e8 ai giorni nostri. La volont\u00e0 di ogni \nindividuo aveva reale influenza: l’esercizio di questa volont\u00e0 era un \nvivido e ripetuto piacere. Di conseguenza gli antichi erano pronti a \nfare molti sacrifici per preservare i loro diritti politici e la loro \npartecipaione all’amministrazione dello stato. Ognuno, sentendo con \norgoglio ci\u00f2 che il proprio suffragio valeva, trovava in questa \ncoscienza della sua personale importanza una grande compensazione.

\nQuesta compensazione non esiste pi\u00f9 per noi oggi. Perso nella \nmoltitudine, l’individuo non pu\u00f2 quasi mai percepire l’influenza che \nesercita. L’esercizio dei diritti politici, quindi, ci offre solo una \nparte dei piaceri che gli antichi trovavano in essa, mentre allo stesso \ntempo il progresso della civilizzazione, la tendenza commerciale \ndell’era, la comunicazione tra le persone, hanno infinitamente \nmoltiplicato e variato i mezzi di felicit\u00e0 personale.

\nDa ci\u00f2 segue che noi dobbiamo essere molto pi\u00f9 attaccati degli antichi \nalla nostra indipendenza individuale. Per gli antichi, quando essi \nsacrificavano l’indipendenza per i diritti politici, sacrificavano poco \nper ottenere molto; mentre nel fare lo stesso sacrificio noi daremmo \nmolto per ottenere poco. Lo scopo degli antichi era la condivisione del \npotere sociale tra i cittadini della stessa madrepatria: questo \u00e8 ci\u00f2 \nche essi chiamavano libert\u00e0. L’obiettivo dei moderni \u00e8 il godimento \ndella sicurezza in piaceri privati; ed essi chiamano libert\u00e0 la garanzia\n accordata dalle istituzioni a questi piaceri.

\nDissi all’inizio che, attraverso il fallimento a cogliere queste \ndifferenze, uomini altrimenti ben intenzionati uomini casuarono infiniti\n mali duranta la nostra lunga e tempestosa rivoluzione. Dio non voglia \nche io li rimproveri troppo duramente. Il loro errore stesso era \nscusabile. Non si poteva leggere le belle pagine dell’antichit\u00e0, non si \npoteva richiamare le azioni dei suoi grandi uomini, senza sentire \nun’indefinibile e speciale emozione, che nulla di moderno pu\u00f2 \nassolutamente suscitare. I vecchi elementi di una natura antecedente, \nper cos\u00ec dire, alla nostra, sembrano risvegliare in noi queste memorie. \u00c9\n difficile non rimpiangere il tempo quando le facolt\u00e0 dell’uomo si \nsviluppavano lungo un percorso gi\u00e0 battuto, ma in una cos\u00ec vasta \ncarreggiata, cos\u00ec forti nei loro poteri, con un tale sentimento di \nenergia e dignit\u00e0. Una volta che ci abbandoniamo a questo rimpianto, \u00e8 \nimpossibile non voler imitare ci\u00f2 che rimpiangiamo. Questa impressione \nera molto profonda, specialmente quando vivevamo sotto governi crudeli, i\n quali, senza essere forti, era repressivi nei loro effetti; assurdi nei\n loro principi; abbietti in azione; governi che avevano come loro \ncardine il potere arbitrario; come loro scopo lo sminuimento \ndell’umanit\u00e0; e che taluni individui ancora osano elogiare a noi oggi, \ncome se potessimo mai dimenticare che siamo stati testimoni e vittime \ndella loro ostinazione, della loro impotenza e del loro rovesciamento. \nL’obiettivo dei nostri riformatori era nobile e generoso. Chi fra noi \nnon sent\u00ec il suo cuore battere con speranza all’inizio del corso che \nessi sembravano aprire ? E vergogna, persino oggi, su chiunque non senta\n la necessit\u00e0 di dichiarare che il riconoscimento di pochi errori \ncommessi dalle nostre prime guide, non significa rovinare la loro \nmemoria o rinnegare le opinioni che gli amici dell’umanit\u00e0 hanno \nprofessato attraverso i secoli.

\nMa quegli uomini avevano derivato diverse delle loro teorie dai lavori \ndi due filosofi che avevano essi stessi fallito nel riconoscere i \ncambiamenti portati da duemila anni nelle disposizioni dell’umanit\u00e0. Io \ndovrei forse esaminare in qualche punto il sistema del pi\u00f9 illustre di \nquesti filosofi, di Jean-Jacques Rosseau, e dovrei dimostrare che, \ntrasponendo nella nostra era moderna un’entit\u00e0 di potere sociale, di \nsovranit\u00e0 collettiva, la quale apparteneva ad altri secoli, questo \nsublime genio, animato dal pi\u00f9 puro amore della libert\u00e0, ha nondimeno \nfornito mortali pretesti per pi\u00f9 di un genere di tirannia. Senza dubbio,\n nel far notare ci\u00f2 che io ritengo un’incomprensione che \u00e8 importante \nrivelare, dovr\u00e0 essere attento nella mia refutazione, e rispettoso nel \nmio criticismo. Dovr\u00f2 certamente astenermi dall’unirmi io stesso ai \ndetrattori di un grande uomo. Quando il caso fa s\u00ec che io trovi me \nstesso apparentemente in accordo con essi su qualche punto particolare, \nio sospetter\u00f2 me stesso; e per consolare me stesso, per apparire per un \nmomento in accordo con loro su di una singola parziale questione, io \ndevo rinnegare e denunciare con tutte le mie energie questi pretesi \nalleati.

\nNondimeno, gli interessi della verit\u00e0 devono prevalere sopra le \nconsiderazioni che fanno la gloria di un prodigioso talento e l’autorit\u00e0\n di una immensa reputazione cos\u00ec potente. Oltretutto, come vedremo, non \u00e8\n a Rousseau che noi dobbiamo principalmente attribuire l’errore contro \nil quale andr\u00f2 ad argomentare; questo deve essere imputato molto di pi\u00f9 \nad uno dei suoi successori, meno eloquente, ma non meno austero e mille \nvolte pi\u00f9 esagerato. Quest’ultimo, l’Abate di Mably, pu\u00f2 essere \nconsiderato come il rappresentante del sistema il quale, in accordo con \nle massime della libert\u00e0 antica, esigeva che i cittadini dovessero \nessere interamente sottomessi affinch\u00e9 la nazione fosse sovrana, e che \nl’individuo dovesse essere schiavo perch\u00e9 il popolo fosse libero.

\nL’Abate di Mably, come Rousseau e molti altri, fraintese, esattamente \ncome fecero gli antichi, l’autorit\u00e0 del corpo sociale per la libert\u00e0; e a\n lui ogni mezzo sembr\u00f2 buono se estendeva la sua area di autorit\u00e0 sopra \nquella recalcitrante parte dell’umana esistenza la cui indipendenza egli\n deplorava. Il rammarico che egli esprime ovunque nei suoi lavori \u00e8 che \nla legge pu\u00f2 solamente coprire le azioni. Egli avrebbe voluto che essa \ncoprisse i pi\u00f9 fugaci pensieri ed impressioni; per inseguire \ninesorabilmente l’uomo, non lasciandogli alcun rifugio nel quale potesse\n scappare dal suo potere. Non appena egli apprendeva, non importa tra \nquale popolo, di qualche misura oppressiva, egli pensava di aver fatto \nuna scoperta e la proponeva come un modello. Egli detestava la libert\u00e0 \nindividuale come un nemico personale; ed ogni qual volta nella storia in\n cui si imbatteva in una nazione totalmente priva di essa, persino se \nessa non aveva libert\u00e0 politica, egli non poteva evitare di ammirarla. \nEgli and\u00f2 in estasi per gli Egizi, perch\u00e9, come egli disse, tra di loro \nogni cosa era prescritta dalla legge, fino ai rilassamenti ed ai \nbisogni: ogni cosa era soggetta all’imperio del legislatore. Ogni \nmomento del giorno era riempito di qualche dovere; l’amore stesso era \noggetto di questo rispettato intervento, ed era la legge che a turno \napriva e chiudeva le tende del letto nuziale.

\nSparta, che combinava forme repubblicane con la stessa schiavit\u00f9 degli \nindividui, suscit\u00f2 nello spirito di quel filosofo un ancor pi\u00f9 vivido \nentusiasmo. Quelle vaste caserme monastiche a lui sembravano l’ideale di\n una perfetta repubblica. Egli aveva un profondo disprezzo per Atene, ed\n avrebbe felicemente detto di questa nazione, la prima della Grecia, ci\u00f2\n che un accademico e grande nobile disse dell’Accademia Francese: \u00abche \nsconvolgente dispotismo ! Chiunque fa ci\u00f2 che gli pare l\u00ec\u00bb. Io devo \naggiungere che questo grande nobile stava parlando dell’Accademia \ncom’era trent’anni fa.

\nMontesquieu, che aveva una mente meno eccitabile e quindi pi\u00f9 attenta, \nnon cadde infatti negli stessi errori. Egli fu colpito dalle differenze \ndi cui vi ho riferito; ma egli non scopr\u00ec la loro vera causa. I politici\n greci che vissero sotto il governo popolare non riconoscevano, egli \nargomenta, ogni altro potere se non la virt\u00f9. I politici di oggi parlano\n solamente di manufatture, di commercio, di finance, di ricchezza e \npersino di lusso. Egli attribuisce questa differenza alla repubblica ed \nalla monarchia. Dovrebbe invece essere attribuita all’opposto spirito \ndei tempi antichi e moderni. I cittadini delle repubbliche, i sudditi \ndelle monarchie, tutti vogliono i piaceri, e senza dubbio nessuno, nella\n condizione presente delle societ\u00e0 pu\u00f2 evitare di volerli. Il popolo pi\u00f9\n attaccato alla libert\u00e0 nei nostri giorni, prima dell’emancipazione \ndella Francia, era anche il pi\u00f9 attaccato ai piaceri della vita; ed esso\n valorizzava la sua libert\u00e0 specialmente perch\u00e9 esso vedeva in ci\u00f2 la \ngaranzia dei piaceri che amava. Nel passato, dove vi era libert\u00e0, il \npopolo poteva sopportare le avversit\u00e0. Ora, ovunque vi siano avversit\u00e0, \nla schiavit\u00f9 \u00e8 necessaria perch\u00e9 il popolo si arrenda ad esse. Sarebbe \npi\u00f9 semplice oggi fare spartani di un popolo schiavo che trasformare \nuomini liberi in spartani.

\nGli uomini che furono portati dagli eventi alla testa della nostra \nrivoluzione erano, come necessaria conseguenza dell’educazione che \navevano ricevuto, immersi in visioni antiche che non erano pi\u00f9 valide, \nche i filosofi che ho menzionato avevano portato in auge. La metafisica \ndi Rousseau, nel mezzo della quale illuminava l’occasionale pensiero \nsublime e passaggi di entusiasmante eloquenza; l’austerit\u00e0 di Mably, la \nsua intolleranza, il suo odio di tutte le passioni umane, la sua foga di\n asservirle tutte, i suoi esagerati principi sulla competenza della \nlegge, la differenza tra ci\u00f2 che egli raccomandava e ci\u00f2 che era \nprecendentemente esistito, le sue declamazioni contro la ricchezza e \npersino contro la propriet\u00e0; tutte queste cose erano destinate ad \nincantare uomini infuocati dalla loro recente vittoria, e che, avendo \nvinto il potere sopra la legge, erano fin troppo disposti ad estendere \nil potere su tutte le cose. Era per loro un’autorit\u00e0 preziosa quella di \ndue scrittori che, disinteressati alla questione e lancianti anatemi \ncontro il dispotismo degli uomini, avessero scritto in assiomi il testo \ndella legge. Essi volevano esercitare il potere pubblico come avevano \nimparato dalle loro guide come esso fosse stato esercitato negli stati \nliberi. Essi credevano che tutto dovesse cedere di fronte alla volont\u00e0 \ncollettiva, e che tutte le restrizioni sui diritti individuali sarebbero\n stati ampiamente compensati dalla partecipazione al potere sociale.

\nSappiamo tutti, Signori, quale \u00e8 stato il risultato. Libere istituzioni,\n poggiantesi sopra la conoscenza dello spirito del tempo, avrebbero \npotuto sopravvivere. L’edificio ristorato degli antichi collass\u00f2, \nnonostante molti sforzi e molti atti eroici che richiamano la nostra \nammirazione. Il fatto \u00e8 che il potere sociale feriva in tutti i sensi \nl’indipendenza individuale, senza distruggerne il bisogno. La nazione \nnon trovava che una ideale condivisione di una sovranit\u00e0 astratta \nvalesse i sacrifici richiesti per essa. Essa era vanamenta assicurata, \nsull’autorit\u00e0 di Rousseau, che le leggi della libert\u00e0 erano mille volte \npi\u00f9 austere del giogo dei tiranni. Essa non aveva desiderio di queste \naustere leggi, e credeva qualche volta che il giogo dei tiranni sarebbe \nstato preferibile ad esse. L’esperienza \u00e8 venuta a disilluderla. Essa ha\n visto che il potere arbitrario degli uomini era persino peggio della \npeggiore delle leggi. Ma anche le leggi dovevano avere i loro limiti.

\nSe ho avuto successo, Signori, nel farvi condividere la convinzione che,\n secondo la mia opinione, questi fatti devono produrre, riconoscerete \ncon me la verit\u00e0 dei seguenti principi. L’indipendenza individuale \u00e8 il \nprimo bisogno dei moderni: di conseguenza non si deve mai richiederne da\n loro il sacrificio per stabilire la libert\u00e0 politica. Ne segue che \nnessuna delle numerose e troppo elogiate istituzioni, che nelle antiche \nrepubbliche limitavano la libert\u00e0 individuale, sia pi\u00f9 ammissibile nei \ntempi moderni.

\nVoi potreste, in primo luogo pensare, Signori, che \u00e8 superfluo stabilire\n questa verit\u00e0. Diversi governi dei nostri giorni non sembrano per nulla\n inclinati ad imitare le repubbliche dell’antichit\u00e0. Tuttavia, per \nquanto poco possano apprezzare le istituzioni repubblicane, ci sono \ncerti usi repubblicani per i quali essi sentono una certa affinit\u00e0. \u00c9 \nallarmante che esse siano precisamente quelle che permettono loro di \nbandire, esiliare, o spogliare. Ricordo che nel 1802 essi infilarono, \nnella legge sui tribunali speciali, un articolo che introduceva in \nFrancia l’ostracismo greco; e Dio sa quanti eloquenti oratori, in modo \nda ottenre l’approvazione di questo articolo, ci parlavano della libert\u00e0\n di Atene e di tutti i sacrifici che gli individui devono fare per \npreservare questa libert\u00e0 ! Allo stesso modo, in tempi molto pi\u00f9 \nrecenti, quando autorit\u00e0 timorose tentarono, con timida mano, di \ndirigere le elezioni a loro vantaggio, un giornale che non si pu\u00f2 \nsospettare di repubblicanismo propose di risuscitare la censura romana \nper eliminare tutti i candidati pericolosi.

\nIo non penso, pertanto, che mi stia impegnando in una discussione \ninutile se, per sostenere la mia affermazione, pronuncio alcune parole \ncirca queste due istituzioni troppo celebrate. L’ostracismo in Atene si \npoggiava sul presupposto che la societ\u00e0 avesse l’autorit\u00e0 completa sui \nsuoi membri. Su questo presupposto poteva essere giustificato; e in un \npiccolo stato, dove l’influenza del singolo individuo, forte nel suo \ncredito, i suoi clienti, la sua gloria, spesso bilanciava il potere \ndella massa, l’ostracismo poteva apparire utile. Ma tra noi gli \nindividui hanno diritti che la societ\u00e0 deve rispettare, e gli interessi \nindividuali sono, come ho gi\u00e0 osservato, talmente persi nella \nmoltitudine di eguali o superiori influenze, che ogni oppressione \nmotivata dal bisogno di diminuire questa influenza \u00e8 inutile e di \nconseguenza ingiusta. Nessuno ha il diritto di esiliare un cittadino, se\n egli non \u00e8 condannato da un regolare tribunale, in accordo ad una legge\n formale a cui consegue la pena dell’esilio per l’azione della quale \u00e8 \ncolpevole. Nessuno ha il diritto di strappare il cittadino dal suo \nPaese, il proprietario dalle sue propriet\u00e0, il mercante dal suo \ncommercio, l’anziano uomo dal suo abituale stile di vita. Ogni esilio \npolitico \u00e8 un abuso politico. Ogni esilio pronunciato da una assemblea \nper supposte ragioni di sicurezza pubblica \u00e8 un crimine che l’assemblea \nstessa commette contro la sicurezza pubblica, la quale risiede solamente\n nel rispetto per le leggi, nell’osservanza delle forme, e nel \nmantenimento delle salvaguardie.

\nLa censura romana supponeva, come l’ostracismo, un potere discrezionale.\n In una repubblica dove tutti i cittadini, tenuti dalla povert\u00e0 in una \nestrema semplicit\u00e0 di costumi, abitavano nella stessa citt\u00e0 e non \nesercitavano alcuna professione che distraesse la loro attenzione dagli \naffari dello Stato, e trovandosi cos\u00ec costantemente spettatori e giudici\n dell’uso del potere pubblico, la censura poteva da una parte avere \nmaggiore influenza e, dall’altra, il potere arbitrario dei censori era \nlimitato da una sorta di vigilanza morale esercitata su di loro. Ma non \nappena l’estensione della repubblica, la complicazione delle relazioni \nsociali e l’affinamento della civilt\u00e0 privarono questa istituzione di \nci\u00f2 che allo stesso tempo serviva da fondazione e da limite, la censura \ndegener\u00f2 persino a Roma. Non era dunque la censura che aveva creato i \nbuoni costumi; era la semplicit\u00e0 dei costumi che costituiva la potenza e\n l’efficacia della censura.

\nIn Francia, un’istituzione arbitraria come la censura sarebbe al tempo \nstesso inefficace ed intollerabile. Nello stato attuale della societ\u00e0, i\n costumi sono formati da sfumature sottili, fluttuanti, impercettibili \nche sarebbero distorte in mille modi se si tentasse di definirli con \nmaggiore precisione. Soltanto l’opinione pubblica pu\u00f2 comprenderle; essa\n soltanto pu\u00f2 giudicarle, perch\u00e9 ha la medesima natura. Si solleverebbe \ncontro ogni autorit\u00e0 positiva che volesse conferirle maggior precisione.\n Se il governo di un popolo moderno volesse, come i censori di Roma, \ncensurare un cittadino arbitrariamente, l’intera nazione protesterebbe \ncontro questo arresto rifiutandosi di ratificare le decisioni \ndell’autorit\u00e0.

\nQuel che ho detto a proposito del ripristino della censura nei tempi \nmoderni si applica anche a molti altri aspetti della organizzazione \nsociale, in relazione ai quali l’antichit\u00e0 viene citata ancor pi\u00f9 \nfrequentemente e con maggiore enfasi. Come per esempio, l’educazione; \nche cosa non abbiamo sentito sul bisogno di permettere al governo di \nprendere possesso delle nuove generazioni per formarle a suo piacimento,\n e quante citazioni erudite sono impiegate a sostegno di questa teoria! I\n persiani, gli egiziani, la Gallia, la Grecia e l’Italia vengono di \nvolta in volta messe di fronte a noi. Eppure, Signori, noi non siamo n\u00e9 \npersiani sottomessi ad un despota, n\u00e9 egiziani soggiogati dai preti, n\u00e9 \ngalli che potevano essere sacrificati dai loro druidi, n\u00e9, infine, greci\n o romani, la cui partecipazione all’autorit\u00e0 sociale li consolava del \nloro asservimento privato. Noi siamo uomini moderni, che vogliono ognuno\n godere dei propri diritti, ognuno sviluppare le proprie facolt\u00e0 come \npreferiamo, senza nuocere a nessuno; vegliare sullo sviluppo di queste \nfacolt\u00e0 nei bambini che la natura affida al nostro affetto, tanto pi\u00f9 \nilluminato quanto pi\u00f9 \u00e8 vivido; e necessitiamo che le autorit\u00e0 ci diano \nsolamente gli strumenti generali di istruzione che possono offrire, cos\u00ec\n come i viaggiatori accettano da loro le principali strade senza che sia\n detto loro quale strada prendere.

\nAnche la religione \u00e8 esposta a questi ricordi di ere passate. Alcuni \nintrepidi difensori dell’unit\u00e0 di dottrina citano le leggi degli antichi\n contro gli dei stranieri, e sostengono i diritti della Chiesa Cattolica\n con l’esempio degli ateniesi, che uccisero Socrate per aver minato il \npoliteismo, e con quello di Augusto, che voleva che il popolo rimanesse \nfedele al culto dei padri; con il risultato, poco dopo, che i primi \ncristiani furono gettati ai leoni. Diffidiamo, dunque, Signori, di \nquesta ammirazione per certe antiche memorie. Poich\u00e9 viviamo nei tempi \nmoderni, io voglio la libert\u00e0 appropriata ai tempi moderni; e poich\u00e9 \nviviamo sotto monarchie, io supplico umilmente queste monarchie di non \nmutuare dalle antiche repubbliche gli strumenti per opprimerci.

\nLa libert\u00e0 individuale, lo ripeto, \u00e8 la vera libert\u00e0 moderna. La libert\u00e0\n politica \u00e8 la sua garanza, conseguentemente la libert\u00e0 politica \u00e8 \nindispensabile. Ma chiedere alle persone dei nostri giorni di \nsacrificare, come quelle del passato, l’interezza della loro libert\u00e0 \nindividuale alla libert\u00e0 politica, \u00e8 il mezzo pi\u00f9 sicuro per staccare \nloro dalla prima e, una volta che questo risultato \u00e8 stato raggiunto, \nsarebbe solamente troppo facile privarli della seconda.

\nCome vedete, Signori, le mie osservazioni non tendono affatto a sminuire\n il valore della libert\u00e0 politica. Dai fatti che vi ho sottoposto non \ntraggo affatto le conseguenze che altri ne traggono. Dal fatto che gli \nantichi erano liberi, e che noi non possiamo pi\u00f9 essere liberi come \nloro, essi concludono che noi siamo destinato ad essere schiavi. Essi \nvorrebbero ricostituire il nuovo stato sociale con un piccolo numero di \nelementi i quali, essi dicono, sono i soli approppriati alla situazione \ndel mondo odierno. Questi elementi sono i pregiudizi per spaventare gli \nuomini, l’egoismo per corromperli, la frivolezza per stordirli, i \npiaceri volgari per degradarli, il dispotismo per guidarli; e, \nindispensabile, conoscenza positiva e scienze esatte per servire il \ndispotismo pi\u00f9 abilmente. Sarebbe strano indubbiamente se questo fosse \nil risultato di quaranta secoli durante i quali l’umanit\u00e0 ha acquisito \nmigliori mezzi morali e fisici: non posso crederlo. Io ricavo da queste \ndifferenze che ci distinguono dall’antichit\u00e0 conclusioni totalmente \ndifferenti. Non \u00e8 la sicurezza che dobbiamo indebolire; \u00e8 il godimento \ndei diritti che dobbiamo estendere. Non \u00e8 la libert\u00e0 politica quello a \ncui voglio rinunciare; \u00e8 la libert\u00e0 civile che io pretendo, assieme ad \naltre forme di libert\u00e0 politica. I governi, non pi\u00f9 di quanto ne \navessero ieri, non hanno il diritto di arrogarsi un potere illegittimo.

\nMa i governi che scaturiscono da una fonte legittima hanno ancora minor \ndiritto di prima di esercitare sugli individui una supremazia \narbitraria. Possediamo ancora oggi i diritti che abbiamo sempre avuto, \ngli eterni diritti di approvare le leggi, di deliberare sui nostri \ninteressi, di essere parte integrante del corpo sociale di cui siamo \nmembri. Ma i governi hanno nuovi doveri; il progresso della civilt\u00e0, i \nmutamenti operati dai secoli richiedono dall’autorit\u00e0 maggior rispetto \nper le abitudini, per gli affetti, per l’indipendenza degli individui. \nEssi deve gestire tutti questi argomenti con una mano pi\u00f9 prudente e \nleggera.

\nQuesto riserbo dell’autorit\u00e0, che \u00e8 uno dei suoi pi\u00f9 rigidi doveri, \neguamente rappresenta i suoi interessi ben intesi; poich\u00e9, se la libert\u00e0\n che si adatta ai moderni \u00e8 differente da quella che era propria degli \nantichi, il dispotismo che era possibile presso gli antichi non \u00e8 pi\u00f9 \npossibile presso i moderni. Giacch\u00e9 siamo spesso meno assorbiti dalla \nlibert\u00e0 politica di quanto potevano esserlo loro e che in circostanze \nordinarie siamo meno appassionati per essa, pu\u00f2 conseguirne che \ntrascuriamo, talvolta troppo e sempre erroneamente, le garanzie che essa\n ci assicura. Ma al tempo stesso, dato che siamo molto pi\u00f9 assorbiti \ndegli antichi dalla libert\u00e0 individuale, noi la difenderemo, se \u00e8 \nattaccata, con maggior abilit\u00e0 e persistenza; e noi per difenderla \nabbiamo mezzi che gli antichi non avevano.

\nIl commercio rende l’azione del potere arbitrario sulla nostra esistenza\n pi\u00f9 oppressiva che passato, perch\u00e9, dato che le nostre speculazioni \nsono pi\u00f9 varie l’arbitrio deve moltiplicarsi per raggiungerle. Ma il \ncommercio rende anche l’azione del potere arbitrario pi\u00f9 facile da \neludere, perch\u00e9 cambia la natura della propriet\u00e0, che diviene, in virt\u00f9 \ndi questo cambiamento, quasi impossibile da afferrare.

\nIl commercio conferisce alla propriet\u00e0 una qualit\u00e0 nuova, la \ncircolazione. Senza circolazione la propriet\u00e0 \u00e8 meramente un usufrutto; \nl’autorit\u00e0 politica pu\u00f2 sempre influire sull’usufrutto, perch\u00e9 pu\u00f2 \nprevenirne il godimento; ma la circolazione pone un ostacolo invisibile e\n invincibile alle azioni del potere sociale.

\nGli effetti del commercio si estendono ancor oltre: non soltanto esso \nemancipa gli individui, ma, creando il credito, pone l’autorit\u00e0 stessa \nin una posizione di dipendenza. Il denaro, dice uno scrittore francese: \n\u00ab\u00e8 l’arma pi\u00f9 pericolosa del dispotismo; ma \u00e8 al tempo stesso il suo pi\u00f9\n potente freno; il credito \u00e8 soggetto all’opinione; la forza \u00e8 inutile; \nil denaro si nasconde o fugge; tutte le operazioni dello Stato sono \nsospese\u00bb. Il credito non aveva la stessa influenza presso gli antichi; i\n loro governi erano pi\u00f9 forti degli individui; mentre nella nostra epoca\n gli individuo sono pi\u00f9 forti dei poteri politici. La ricchezza \u00e8 una \nforza che \u00e8 pi\u00f9 disponibile in ogni circostanza, pi\u00f9 applicabile ad ogni\n interesse e quindi pi\u00f9 reale e meglio obbedita. Il potere minccia; la \nricchezza ricompensa: si sfugge al potere ingannandolo; per ottenere i \nfavori della ricchezza bisogna servirla: quest’ultima \u00e8 quindi destinata\n a vincere.

\nCome conseguenza, l’esistenza individuale \u00e8 meno assorbita \ndall’esistenza politica. Gli individui trasferiscono lontano i loro \ntesori; portano con se tutti i godimenti della vita privata. Il \ncommercio ha ravvicinato le nazioni, ha dato loro costumi e abitudini \nquasi identici; i Capi di Stato possono essere nemici: i popoli sono \ncompatrioti. Il potere, dunque, si rassegni: abbiamo bisogno della \nlibert\u00e0 e l’avremo. Ma poich\u00e9 la libert\u00e0 che ci occorre \u00e8 differente da \nquella degli antichi, essa necessita un’organizzazione differente da \nquella degli antichi, necessita un’organizzazione differente da quella \nadatta alla libert\u00e0 antica. In quest’ultima, quanto pi\u00f9 un uomo dedicava\n tempo ed energie all’esercizio dei suoi diritti politici, tanto pi\u00f9 si \ncredeva libero; d’altronde, nel tipo di libert\u00e0 che si addice a noi, \nquanto pi\u00f9 l’esercizio dei diritti politici ci lascer\u00e0 tempo per i \nnostri interessi privati, tanto pi\u00f9 la libert\u00e0 ci sar\u00e0 preziosa.

\nDi qui, Signori, scaturisce la necessit\u00e0 del sistema rappresentativo. Il\n sistema rappresentativo non \u00e8 altro che una organizzazione mediante la \nquale una nazione incarica pochi individui di fare ci\u00f2 che non pu\u00f2 o non\n vuol fare da s\u00e9. I poveri curano direttamente i proprio affari: i \nricchi assumono degli amministratori. \u00c8 la storia delle nazioni antiche e\n moderne. Il sistema rappresentativo \u00e8 una procura data a un certo \nnumero di uomini dalla massa del popolo che vuole i propri interessi \nsiano difesi e che nondimeno non ha il tempo di difenderli da s\u00e9. Ma, a \nmeno che siano idioti, i ricchi che assumoni degli amministratori \nesaminano con attenzione e severit\u00e0 se gli intendenti compiono il loro \ndovere, se sono negligenti o corruttibili o incapaci; e per giudicare \ndella gestione di questi amministratori, i proprietari, se sono \nprudenti, si tengono al corrente degli affari di cui affidano loro \nl’amministrazione. Parimenti, i popoli che, al fine di godere della \nlibert\u00e0 che si adatta a loro, ricorrono al sistema rappresentativo, \ndebbono esercitare una sorveglianza attiva e costante sui loro \nrappresentanti, e riservarsi per s\u00e9 stessi, in tempi che non siano \nseparati da intervalli troppo lunghi, il diritto di allontanarli se \nhanno tradito la loro fiducia e di revocare i poteri di cui avessero \nabusato.

\nDal fatto che la libert\u00e0 moderna differisca dalla libert\u00e0 antica deriva \ninfatti che essa \u00e8 anche minacciata da un pericolo di natura differente.\n Il pericolo della libert\u00e0 antica era che gli uomini, attenti soltanto \nad assicurarsi la propria partecipazione al potere sociale, dessero \ntroppo poco valore ai diritti e ai godimenti individuali.

\nIl pericolo della libert\u00e0 moderna \u00e8 che, assorbiti nel godimento della \nnostra indipendenza privata e nel perseguimento dei nostri interessi \nparticolari, noi possiamo rinunciare troppo facilmente alla \npartecipazione nel potere politico. I depositari dell’autorit\u00e0 sono fin \ntroppo pronti ad incorraggiarci a questo. Sono tanto disposti a \nrisparmiarci tutta una serie di problemi, eccetto quelli di obbedire e \ndi pagare ! Essi ci diranno: qual \u00e8, in fondo, lo scopo dei vostri \nsforzi, il motivo dei vostri lavori, l’oggetto di tutte le vostre \nsperanze ? Non \u00e8 la felicit\u00e0 ? Ebbene, lasciate fare noi e noi ve la \ndaremo. No, Signori, non lasciamo fare a loro. Per quanto commovente sia\n un cos\u00ec tenero interessamento, chiediamo alle autorit\u00e0 di restare nei \nloro confini. Si limitino ad essere giusti. Noi stessi assumeremo la \nresponsabilit\u00e0 di essere felici.

\nPotremmo esser resi felici da distrazioni, se queste distrazioni fossero\n senza garanzie ? E dove troveremmo queste garanzie, senza la libert\u00e0 \npolitica ? Rinunciarvi, Signori, sarebbe una follia come quella di chi, \npoich\u00e9 abita al primo piano, non si curasse se la casa stessa fosse \ncostruita sulla sabbia.

\nD’altronde, Signori, \u00e8 dunque vero che la felicit\u00e0, di qualsiasi tipo, \nsia il fine unico del genere umano ? Se fosse cos\u00ec, il nostro corso \nsarebbe assai ristretto, e la nostro destinazione ben poco elevata. Non \nc’\u00e8 nessuno di noi che, se volesse degradarsi, restringere le sua \nfacolt\u00e0 morali, abbassare i suoi desideri, abdicare all’attivit\u00e0, alla \ngloria, alle emozioni generose e profonde, non potrebbe sminuirsi ed \nessere felice. No, Signori, chiamo a testimone la parte migliore della \nnostra natura, questa nobile inquietudine che ci perseguita e ci \ntormenta, questo desiderio di estendere la nostra conoscenza e di \nsviluppare le nostre facolt\u00e0. Non \u00e8 alla sola felicit\u00e0, ma al \nperfezionamento che il nostro destino ci chiama; e la libert\u00e0 politica \u00e8\n il pi\u00f9 potente, efficace mezzo di perfezionamento che il cielo ci abbia\n dato.

\nLa libert\u00e0 politica, sottomettendo a tutti i cittadini, senza eccezione,\n la cura e lo studio dei loro interessi pi\u00f9 sacri, allarga il loro \nspirito, nobilita i loro pensieri e stabilisce tra loro una sorta di \neguaglianza intellettuale che forma la gloria e la potenza di un popolo.

\nCos\u00ec, vedete come una nazione cresce con la prima istituzione che le \nrestituisce l’esercizio regolare della libert\u00e0 politica. Vedete i nostri\n concittadini di tutte le classi, di tutte le professioni, emergere \ndalla sfera dei loro lavori abituali e della loro industria privata, \ntrovarsi improvvisamente al livello delle importanti funzioni che le \ncostituzioni affidano loro, scegliere con discernimento, resistere con \nenergia, affrontare le minacce, nobilmente opporsi alla seduzione. \nVedete un puro, profondo e sincero patriottismo trionfare nelle nostre \ncitt\u00e0 e ravvivare perfino i nostri pi\u00f9 piccoli villaggi, permeare le \nnostre officine, rianimare le nostre campagne, penetrare i giusti ed \nonesti spiriti del coltivatore utile e del commerciante industrioso con \nil senso dei nostri diritti e della necessit\u00e0 di garanzie; essi, educati\n nella storia dei mali che hanno subito, e non meno consci dei rimedi \nche questi mali esigono, abbracciano con un solo sguardo la Francia \nintera e, conferendo una gratitudine nazionale, ricompensano con i loro \nsuffragi, dopo trenta anni, la fedelt\u00e0 ai principi incarnati dalla \npersona del pi\u00f9 illustre difensore della libert\u00e0[6. Il signore de \nLafayette, nominato deputato per la Sarthe].

\nDunque, Signori, lungi dal rinunciare ad alcuna delle due specie di \nlibert\u00e0 che vi ho descriitto, \u00e8 necessario, come ho dimostrato, imparare\n a combinarle insieme entrambe. Le istituzioni, dice il famoso autore \ndella Histoire des r\u00e9publiques du moyen \u00e0ge[7. Simonde de Sismondi], \ndebbono compiere il destino del genere umano; esse possono meglio \nraggiungere il loro scopo se innalzano il maggior numero possibile di \ncittadini alla pi\u00f9 alta posizione morale.

\nL’opera del legislatore non \u00e8 completa quando ha soltanto portato pace \nal popolo. Anche quando il popolo \u00e8 soddisfatto, resta ancora molto da \nfare. Le istituzioni devono realizzare l’educazione morale dei \ncittadini. Rispettando i loro diritti individuali, assicurando la loro \nindipendenza, evitando di turbare il loro lavoro, esse debbono comunque \nconsacrare la loro influenza sugli affari pubblici, chiamarli a \nconcorrere con i loro voti all’esercizio del potere, garantire loro un \ndiritto di controllo e di supervisione esprimendo le loro opinioni; e, \nformandoli in tal modo mediante la pratica di queste elevate funzioni, \ndare loro sia il desiderio e la facolt\u00e0 di adempierle.

\nBenjamin Constant, 1819<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Ho tradotto, da una versione inglese, il testo di Benjamim Constant sia perch\u00e9 \u00e8 un testo interessante, anche se non sempre condivisibile quando parla di Roma, sia perch\u00e9 tenersi in allenamento con le traduzioni \u00e8 sempre divertente. Lo trovo interessante soprattutto per il suo modo di ragionare, radicato nella storia, che rivela spunti utili, come…<\/p>\n","protected":false},"author":1,"featured_media":99,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":"","wds_primary_category":0},"categories":[35,45],"tags":[59,60],"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/169"}],"collection":[{"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/users\/1"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=169"}],"version-history":[{"count":0,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/169\/revisions"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/media\/99"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=169"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=169"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/tecnica.me\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=169"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}