Sono pazzo. O meglio credo di essere pazzo, non ne sono sicuro. Del resto come si può capire se si è normali? So solo che ciò che vedo non può essere reale
Il racconto è ispirato da un sogno, perlomeno la fuga a nuoto di una persona che si crede pazza. É ragionevole supporre che il sogno continuasse in qualche maniera, ma non ricordo quale.
I sogni che ricordo sono come delle sceneggiature provenienti dai tempi antichi: frammentarie, spezzate, perlopiù fraintese. Qualcuno potrebbe chiedersi perché diamine costruirci un racconto sopra, a queste condizioni. Beh, perché è divertente.
Scrivere una storia proveniente da un sogno è un’esplorazione, cerchi di mostrare qualcosa che è, in qualche misura, vero, esiste, o è esistito, al di fuori del tuo controllo.
Questo racconto in particolare è stato piuttosto difficile da scrivere non solo perché esiste un solo personaggio, ma anche poiché questi è pure il narratore. E ovviamente c’è il problema che crede di essere pazzo.
Di fatto il racconto è scritto tutto nella testa del protagonista e ciò ha richiesto delle misure non ortodosse. Ad esempio le parole scritte in corsivo solitamente rappresentano le frasi pensate esplicitamente nella mente del protagonista, come se fossero parole. L’idea è di creare un dialogo interno al protagonista, sia con parole che egli vorrebbe pronunciare, ma che nessuno può ascoltare, sia con riflessioni rivolte a sé stesso.
In parte questo è un comportamento normale, perché capita a tutti di avere idee in forma di parole o di avere delle cose da dire, ma nessuno a cui raccontarle. In parte serve a dimostrare che il protagonista almeno un po’ suonato lo è di sicuro, perché non parla da solo, ma sembra considerare sé stesso una sorta di terzo. Qualcuno che osserva, mentre un altro agisce.
Genere | Fantascienza |
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Formato | Racconti |
Numero pagine | 15 |