Israele è solita violare i regolamenti internazionali, per poi lamentarsi che chi condanna le sue violazioni è antisemita, di parte o tutte e due le cose. Negli ultimi anni però il primo ministro israeliano, Netanyahu, ha superato ogni limite, iniziando guerre con tutti i nemici passati, presenti e futuri di Israele:
- ha raso al suolo Gaza e mira a provocare una carestia di massa
- ha preso altri territori alla Siria (in aggiunta alle alture del Golan che Israele già occupava)
- ha attaccato il Libano e anche scatenato un coordinato attacco terroristico verso la popolazione generale (tutti quelli che avevano un certo tipo di cerca persone)
- ha attaccato l’Iran
Tutti questi tentativi di espandere la guerra contro Hamas sono stati dettati principalmente da motivi politici: salvaguardare il suo governo. Infatti Israele, come ogni altro Paese, si compatta durante i conflitti armati, per ovvi motivi. E che questa sia la motivazione non è una mia personale convinzione, ma l’opinioni di molti esperti e addirittura lo crede la maggior parte degli stessi israeliani.
I crimini israeliani sono così tanti, e ormai noti, che sarebbe persino stucchevole perdere tempo per elencarli tutti. Rimane solo da capire cosa fare per fermare Israele.
L’unica soluzione per la pace è un embargo totale
Io credo che sia una sola strada percorribile: embargo totale verso Israele, e non dico embargo di armi, ma proprio una chiusura totale, dai commerci allo spazio aereo, verso tutto ciò che è diretto da e verso Israele. La comunità internazionale deve esprimere in maniera chiara e inequivocabile la propria distanza da Israele.
La popolazione israeliana è, per forza di cose, complice
Iniziamo subito col dire che sì, sarebbe fortemente dannoso per la popolazione civile israeliana, ma la popolazione Israele è responsabile di quanto sta accadendo. Facciamo un paragone storico: l’Italia fascista. Gli italiani non erano cattiva gente durante il Fascismo, tanto che una volta finito il regime fascista la popolazione italiana non si è resa colpevole di particolari nefandezze. Però è anche vero che durante il regime fascista, gli atti di eroismo sono stati rari1 e la maggior parte della popolazione era complice del regime non per volontà, ma perché il regime controllava il sistema e le persone sostenevano questo sistema.
Allo stesso modo, gli israeliani sostengono un regime genocida e crudele, non perché siano particolarmente immorali, ma perché non ne possono fare a meno: semplicemente è impossibile vivere in una società e non sostenerne, con il proprio semplice vivere quotidiano, il proprio Stato.
Israele non ha alternative all’occidente
Quando parlo di questa soluzione con amici e conoscenti, la prima obiezione è che non servirebbe altro che a far avvicinare Israele alla Cina. Questa mi pare un’osservazione ingenua: Israele è fortemente dipendente dalle tecnologie occidentali, sopratutto americane, e non potrebbe semplicemente cambiare armamenti con quelli cinesi.
A parte l’aspetto militare, la società israeliana è fortemente dipendente dalla sua appartenenza al blocco occidentale. Legami sociali, finanziamenti e collaborazioni economiche non si possono cambiare di punto in bianco. Difatti Israele è stata poco propensa a imporre sanzioni contro la Russia, proprio per via delle comunità di ebrei di origina russa che vivono in Israele. Per questo sanzioni occidentali verso Israele sarebbero devastanti in termini pratici e morali.
Il precedente del Sudafrica
C’è un precedente storico che dimostra la loro efficacia: le sanzioni contro il regime dell’apartheid in Sudafrica.
L’esperienza sudafricana mostra come una pressione economica globale possa avere impatti politici duraturi. In Sudafrica, il boicottaggio universitario e commerciale isolò il regime fino a renderne insostenibili le politiche di segregazione. La comunità internazionale ottenne concessioni progressive, culminate con il rilascio di Nelson Mandela e le prime elezioni multirazziali.
Usando un approccio simili, l’embargo sottolineerebbe l’incompatibilità tra occupazione militare e principi democratici. Oggi molte popolazioni non-occidentali vedono Israele come uno di noi, e quindi associano i suoi crimini a tutto l’occidente. Dare un segnale forte di distanza da Israele indicherebbe l’estraneità dell’Europa da Israele.
Inoltre le ricadute pratiche creerebbero un incentivo forte ad aprire un negoziato vero sul futuro della Palestina. Anche perché, una volta imposta una tale misura, si potrebbe togliere solo in caso di risultati concreti verso una pacificazione duratura dell’area. Si può dare spazio alla pace solo quando la guerra è resa impossibile.