La guerra in Afghanistan sta per finire, perlomeno per la NATO. Gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro con il precedente Presidente Trump e il nuovo presidente Biden lo ha confermato. Nonostante i mormorii di alcuni militari, più interessati a salvare la faccia che compiere una missione, finalmente si va tutti a casa.
Vittoria o sconfitta?
Il termine previsto del ritiro delle truppe USA è, al momento, il 30 agosto. I Paesi alleati dovrebbero tutti completare l’uscita prima. Ciò per ragioni logistiche, solo gli Stati Uniti hanno la possibilità di supportare una missione all’estero così lontana dall’Europa. Paesi come l’Italia e la Germania hanno già completato il ritiro il 30 giugno. Così finisce la missione, dopo 20 anni di guerra.
Lo sforzo è stato significativo, per la sola Italia hanno servito 50 000 soldati in Afghanistan.
Il risultato è un mezzo successo e un mezzo fallimento. Gli Stati Uniti hanno punito i responsabili dell’attacco dell’11 settembre e strappato la promessa che i Talebani non supporteranno più attacchi terroristici alla estero. Però in realtà questo si era ottenuto dopo 1 anno o, esagerando, dopo 10 anni, quando Bin Laden fu ucciso (nel 2011). Dopo si è rimasti per confusione sul cosa fare e vaghe idee di portare a compimento la nuova democrazia. Quindi alla fine gli Stati Uniti se ne vanno dicendo Mission Accomplished, ma la maggior parte delle persone sostengono abbiano perso.
Un giudizio curioso, perché qualora se ne fossero andati nel 2011, ignorando i Talebani rimanenti, la maggior parte delle persone avrebbe probabilmente parlato di successo. Adesso invece sembra che se ne vadano per stanchezza e l’invincibile resistenza dei Talebani, quindi pare un fallimento.
Come hanno vinto i Talebani
Dal punto di vista strategico è vero che gli Stati Uniti sono stati sconfitti dai Talebani. Il loro numero non è diminuito, secondo le varie stime pare che, dopo un iniziale affanno, sia rimasto costante, se non aumentato. Gli Stati Uniti hanno fallito nell’affrontare alla radice la questione, questo è indubbiamente vero.
Il problema, semplificando al massimo, è che mentre gli Stati Uniti bombardavano, un po’ a casaccio, Talebani e civili afgani, i Talebani usavano gli ingiusti attacchi come mezzo di propaganda. In pratica i bombardamenti americani uccidevano un terrorista e molti civili, quindi i Talebani usavano il desiderio di vendetta dei civili innocenti per reclutare nuovi Talebani, in Afghanistan come in Pakistan. Infatti uno dei maggiori problemi americani è proprio che non sono mai riusciti a terminare l’appoggio di certe parti dello stato pakistano ai Talebani. Sebbene il Pakistan sia storico alleato degli Usa, alcuni dei suoi apparati difendevano i Talebani. Lo stesso Bin Laden fu trovato in Pakistan.
L’ambivalenza pakistana ha portato vari problemi strategici, ad esempio il Paese autorizzava gli Stati Uniti a compiere bombardamenti sul proprio territorio, ma non lo faceva esplicitamente, per mancanza di supporto della popolazione che, ragionevolmente, non era felice di farsi bombardare. Anche per questo i bombardamenti americani erano alquanto imprecisi e finivano per colpire innocenti.
Famigerata l’idea (vera) che gli Stati Uniti erano soliti colpire qualsiasi raggruppamento di persone, inclusi cortei nuziali. Questo accadeva perché gli Stati Uniti sceglievano gli obiettivi basandosi solo sulla signal intelligence, ovvero su elementi come rilevamenti dei cellulari. Ad esempio, tre cellulari di sospetti terroristi erano vicini? Si tratta certamente di un convoglio di terroristi! Fate partire i droni! Finalmente trovato il modo per convincere gli adolescenti a staccarsi dal telefonino: parli troppo? Arriva un drone che ti bombarda.
Gli Stati Uniti quindi colpivano più civili che terroristi, il che ha finito per rafforzare l’idea dei Talebani come combattenti della resistenza. Difatti c’è stato un cambiamento della natura dei Talebani, non più un monolitico gruppo di fanatici religiosi. Cioè sono ancora anche quello, ma in aggiunta raccolgono anche una miriade di gruppetti e persone unite da faide e rancori locali, o motivati a far cessare i bombardamenti.
Il governo afghano cadrà nei prossimi mesi?
I Talebani sono quindi un variegato gruppo di resistenti e terroristi più o meno unito. E invece il governo afgano? Il governo afgano è un gruppo sostanzialmente più unito di corrotti controllati dal governo centrale. Anche lo stato afgano è fatto di potentati locali, ma questi esercitano il loro potere come membri dello stato. Vale a dire che non sono capi di milizie locali, ma i capi locali dell’esercito e dell’amministrazione statale che governano secondo logiche locali, promuovendo amici e parenti.
La differenza può sembrare sottile, ma è significativa. Questo è sostanzialmente l’unico punto di forza dello stato afgano. Sono corrotti e poco rispettati dalla popolazione, ma perlomeno sono riconosciuti come un unico Stato.
Le altre considerazioni non sono positive per il governo afgano. Con il progressivo ritiro delle truppe NATO i Talebani sono riusciti ad avanzare durante tutto il 2021, fino a controllare perlomeno metà dell’Afghanistan. Tanto che alcune fonti dello spionaggio prevedono il collasso del governo afgano in 3-12 mesi dal ritiro delle truppe alleate. La ragione principale è la corruzione: il governo afgano è forte sulla carta, ma debole in pratica. Ci sono problematiche come soldati fantasma che esistono solo sulla carta, per poter ottenere finanziamenti più cospicui. E poi c’è la disperazione dei soldati veri, che magari non vengono pagati per mesi e sono abbandonati a sé stessi, quindi disertano in massa.
D’altra parte c’è chi sostiene che chi rimane è ormai il nocciolo duro del sostegno del governo centrale: gli abitanti delle città. Per adesso i Talebani sono riusciti ad avanzare nelle campagne e zone remote, ma queste non sono mai state davvero controllate dal governo centrale. Nei fatti in questi mesi si sono semplicemente delineate più chiaramente le linee del fronte: i Talebani hanno preso il controllo delle zone rurali, mentre il governo ha mantenuto il controllo delle città.
Per lo Stato centrale la buona notizia è che i Talebani mancano delle armi pesanti necessarie a prendere città ben protette. Quindi il governo potrebbe resistere a oltranza nelle proprie roccaforti. In altre parole, i Talebani non hanno artiglieria pesante e aerei, quindi non hanno le risorse per sconfiggere un esercito in uno scontro frontale. Tutto ciò che il governo centrale dovrebbe fare sarebbe quindi semplicemente resistere unito.
Un’altra opzione del governo afgano potrebbe essere incentivare la formazione di milizie e signori della guerra locali. Questa sarebbe una mossa disperata, che anche se portasse a fermare l’avanzata dei Talebani, segnerebbe la fine del governo centrale. Comunque è una possibilità disponibile agli oppositori dei Talebani, qualora la fiducia nel governo crollasse del tutto.
La possibile invasione d’Europa
La sintesi della situazione in Afghanistan è quindi questa: i Talebani stanno vincendo, ma il governo centrale potrebbe riuscire a resistere a oltranza. Se il governo centrale mantiene la fiducia necessaria, può resisteere, altrimenti l’Afghanistan sarà unificato sotto i Talebani. Lo sapremo nei prossimi mesi.
Quello è che è certo è che, in caso di avanzata ulteriore dei Talebani, si assisterà ad una nuova ondata di rifugiati. E questi rifugiati tenteranno di dirigersi verso l’Europa. L’unica cosa positiva del coinvolgimento americano nel Vietnam è che perlomeno gli americani furono poi disposti a prendersi milioni di rifugiati a casa propria. L’unica effettiva presa di responsabilità degli Stati Uniti. Neanche questo viene fatto in Afghanistan oggi. Non si prevede alcuna massiccia operazione di evacuazione degli alleati locali degli americani, che quindi temono di essere giustiziati in caso di vittoria dei Talebani. Anzi, già oggi ci sono più afgani in Germania che negli Stati Uniti.
Questo è anche un problema strategico, perché potrebbe influenzare la tenuta del governo: se si innesca una fuga di massa di alleati americani (e quindi del governo centrale) è chiaro che questo potrebbe portare al collasso del governo centrale. Benché gli Stati Uniti non stiano fuggendo a gambe levate, la loro uscita dall’Afghanistan è stata organizzata tanto bene quanto la loro missione: ovvero per niente.
Attualmente la maggior parte dei rifugiati sono nei paesi limitrofi all’Afghanistan, Iran e Pakistan. Questo è ciò che avviene per tutte le guerre, visto che l’interesse primario di un rifugiato è fuggire dalla guerra. Alcuni fanno un passo ulteriore: visto che devo andarmene da casa mia, tanto vale che vada in un Paese migliore. Questo è un ragionamento comprensibile, ma è anche la ragione di tante polemiche: sono veri rifugiati se lasciano un Paese sicuro (es. Iran) per un Paese migliore (es. Germania)?
Il problema è che anche Iran e Pakistan sono ormai poco restii ad accogliere altri rifugiati. Entrambi gli Stati sono in precarie condizioni economiche e sociali; il Pakistan teme anche che i terroristi che ha sostenuto finora gli si rivoltino contro, infiltrandosi tra i rifugiati. D’altronde l’Europa di oggi, e anche la Germania, non è quella accogliente della precedente crisi dei rifugiati, quindi difficilmente consentirà l’arrivo di milioni di afgani.
Cosa succederebbe, quindi, nel caso ci fossero milioni di rifugiati? Anche in questo caso nessuno lo sa con certezza. Al momento l’ipotesi più probabile è che i Paesi ricchi finanzino con miliardi di dollari il Pakistan per tenersi i rifugiati. Per ragioni politiche e legali questo non può essere fatto con l’Iran. In teoria sarebbe possibile che un accordo con il nucleare e una contemporanea crisi dei rifugiati porti ad un radicale cambiamento dei rapporti con l’Iran. Soldi e fine dell’embargo in cambio del contenimento degli afgani. In pratica però questo pare altamente improbabile.
Nel caso ci siano quindi effettivamente milioni di rifugiati come andrà a finire probabilmente dipende in buona misura da chi tiene più duro. I governi che si dimostreranno più intransigenti si salveranno dal loro arrivo, mentre chi si dimostrerà più ragionevole potrebbe essere travolto. In altre parole i buoni perderanno.
Lo scenario più tragico vede quindi milioni di rifugiati portare il Pakistan a perdere effettivamente il controllo di parte del suo territorio. Lo scenario più felice vede nessuna crisi dei rifugiati e una sostanziale tenuto del governo centrale afgano, arroccato nelle sue città. Nel mezzo un ventaglio di possibilità intermedie.
Aggiornamento 13/08/2021
In queste ultime due settimane i Talebani hanno superato le aspettative e sono riusciti a occupare agevolmente, spesso senza alcuna opposizione, alcune città e capitali di provincia afgane. Per esempio, hanno occupato sia Herat, terza città dell’Afghanistan, che Kandahar, seconda città dell’Afghanistan, entrambe il 12 agosto. In altre parole i Talebani hanno dimostrato di essere in grado di conquistare non solo le campagne, ma anche le città.
Dal punto di vista tattico, le forze regolari dell’esercito afgano non si sono dimostrate semplicemente inefficienti a contrastare i combattenti talebani, ma addirittura prive della volontà di farlo. Le forze regolari afgane sostanzialmente non combattono nemmeno i Talebani che avanzano. Solamente le forze speciali afgane oppongono resistenza, generalmente con successo. Infatti capita anche anche che l’esercito riprenda il controllo di città cadute temporaneamente in mano ai Talebani.
La guerra in questo momento quindi sembra più essere combattuta sulla volontà che sulle capacità. Vince chi vuole vincere, perde chi non è neanche disposto a combattere. Questo lascia una speranza al governo centrale afgano, le cui forze potrebbero avere la forza di resistere militarmente, se ne avessero la volontà.
Ciò è un’ulteriore prova dell’effetto disastroso del ritiro improvviso e non coordinato delle truppe NATO (in alcuni casi fuggiti nella notte). Gli afgani comuni non combattono perché sentono di essere stati abbandonati dagli alleati in fuga, ovvero che non ci sia speranza di riuscita. Molti si stanno preparando ad un esodo di massa, anche se questo non è ancora iniziato. Per ora stanno cercando di coprirsi la fuga piuttosto che fuggire, permane un residuo di speranza. Ora più che mai tutto dipende dalla fiducia che il governo centrale saprà suscitare.
A lungo termine le prospettive di successo del governo afgano però sono deboli. Secondo il sito metaculus, che sintetizza le opinioni di vari esperti di previsioni, la possibilità che i Talebani conquistino l’intero Paese entro l’11 settembre 2026 è del 92%. Se è pur vero che mancano cinque anni al 2026, questo non esclude che accada prima. Alcuni commentatori e giornalisti esperti del conflitto prevedono che i Talebani possano raggiungere Kabul tra 4-6 settimane. Se ciò accadesse con tale rapidità, il collasso del governo sembrerebbe inevitabile.
Aggiornamento 15/08/2021
Beh, perlomeno l’incertezza è durata poco e non c’è stata guerra civile. Questo perché il governo afgano è caduto praticamente senza colpo ferire. Anche la strategia del presidente afgano di coinvolgere i signori della guerra è fallita, dato che l’esercito regolare semplicemente si è liquefatto. Con la caduta dell’ultima grande città, Mazar-i-Sharif, Kabul rimaneva isolata geograficamente e politicamente. Oggi i Talebani sono arrivati alle porte di Kabul e il governo afgano sta trattando la transizione pacifica.
I Talebani non hanno ancora occupato Kabul per evitare problemi con l’evacuazione degli stranieri, ma la guerra è finita. Promettono una transizione pacifica e un cambio di governo senza rappresaglie. Staremo a vedere, sperando che non ci sia una fuga di massa dall’Afghanistan.
Se può esserci una nota positiva nella fine di questa vicenda questa è che l’Afghanistan potrebbe finalmente essere unificato. Difatti prima del 2001 i Talebani non controllavano completamente la parte nord del Paese, mentre adesso ne hanno il controllo praticamente completo. Che sia l’inizio di un periodo di pace per il Paese noto come la tomba degli imperi?