L’Italia non è razzista

Esiste una parte del nostro Paese che considera gli italiani un popolo di razzisti o, al contrario, della brava gente. Penso che siano entrambi atteggiamenti sbagliati. Se è vero che l’Italia spesso non ha potuto fare alcunché, e quindi neanche nulla di male, quando si è distinta lo ha fatto in senso positivo, ma è anche vero che nella storia recente ha spesso seguito le cattive abitudini di altri. Uno dei maggiori problemi di un Paese come il nostro, attualmente privo di intellettuali indipendenti, è proprio quello di subire le influenze straniere anche quando queste non hanno nulla da dire sulla nostra situazione. L’Italia discute di problemi che non ha invece di risolvere quelli che la danneggiano. Uno degli esempi più lampanti è quello del razzismo.

Che cos’è il razzismo

Esiste una tendenza popolare a usare il suffisso -ismo per indicare cose brutte, non è necessariamente un’abitudine da censurare[1], se non quando oscura il suo significato originale. Infatti esso ha un significato preciso, ovvero quello di ordinamento, classificazione. Razzismo significa quindi ordinamento o classificazione in base alla razza. Razzismo comporta costruire una società in cui l’identità individuale è basata anche sulla razza, non insultare la gente di un altro colore.

L’origine moderna del razzismo

Il razzismo è un’invenzione essenzialmente moderna e che riguarda perlopiù i Paesi del Nord Europa. Gli altri Paesi europei, o il resto del vecchio mondo, è in buona misura alieno a questa visione culturale. Basti pensare ai casi della Turchia e dell’Ungheria, i conquistatori di quelle terre erano originari dell’Asia centrale, il che significa che il loro aspetto era differente da quello delle zone in cui si erano stabiliti. È un fatto che non rimase inosservato dai loro contemporanei[2], ma che ha molto peso nell’identità culturale odierna di questi Stati. Benché le ricerche rivelino che la componente genetica dei conquistatori sia stata minima, la loro vittoria culturale è stata completa. Tutti hanno accettato la nuova identità, appunto perché non era basata sulla razza.

Un altro esempio è quello dell’Egitto dove i Cristiani Copti costituiscono qualcosa di altro dall’egiziano medio musulmano e sono stati oggetto di numerose persecuzioni. Questo nonostante i cristiani siano comparsi secoli prima nell’Egitto e siano culturalmente egiziani. Semplicemente in Egitto l’identità religiosa è importante.

Molti si soffermano sul carattere esclusionario dei principi di unità etnica, culturale o anche razziale, ma questo è storicamente inesatto. Queste identità sono state il risultato, in parte naturale in parte creato, della condivisione di esperienze comuni. Questi principi dicono innanzitutto qualcosa di positivo, cioè costruttivo, su chi siamo. Il razzismo, come il nazionalismo, è una possibile soluzione di un’esigenza, quella dell’identità dell’individuo e dell’ordine sociale. Non è di per sé negativo, come non lo è costruire un ordine basato sulla religione o sulla cultura. Non c’è nulla di male, di per sé, nel sentirsi fieri di essere bianchi, come non lo è sentirsi fieri di essere italiani, se queste cose significano qualcosa, hanno un valore personale e sociale.

È vero che questa identità può avere conseguenze negative, vedesi ordinamento, ma si dimentica la parte di mera classificazione. La mia casa non è speciale in senso assoluto, ma ha un valore particolare per me, perché è mia. Anche se, come vedremo subito, per la maggior parte è stata davvero una storia negativa.

Il caro vecchio impero inglese

Percentuale di nativi nei singoli Stati dei continenti americani
Percentuale di nativi nei singoli Stati dei continenti americani

L’origine del razzismo, come delle altre identità odierne, è prettamente moderna, ma è particolarmente tipica delle ex-colonie dell’impero inglese. I luoghi in cui gli inglesi si sono stabiliti maggiormente hanno una storia di straordinario razzismo: Australia, Sudafrica e Stati Uniti. Gli Stati Uniti, in particolare, sono un esempio particolarmente valido in tal senso. Guardiamo a tre grandi Stati americani: Stati Uniti, Brasile e Messico. Brasile e Stati Uniti condividono la pratica della schiavitù, anzi il primo ha avuto molti più schiavi del secondo. Però i rapporti raziali in Brasile sono molto migliori che negli Stati Unti, ciò nonostante quest’ultimo ha una cultura e delle istituzioni più liberali. In Brasile la razza conta molto di meno[3], ricordo di aver letto che alcuni brasiliani neri avevano incontrato dei problemi una volta arrivati negli Stati Uniti, dato che per gli americani erano neri, mentre loro si consideravano meticci. In particolare gli afro-americani si sentivano offesi in quanto ritenevano che i “neri” brasiliani rifiutassero la loro identità razziale. Ad esempio, Barack Obama è tecnicamente un meticcio, ma socialmente è un nero negli Stati Uniti.

La popolazione nativa del Brasile è sempre stata molto ridotta, al contrario di Messico e Stati Uniti. Oggi, però, i nativi messicani sono completamente integrati mentre quelli statunitensi sono quasi scomparsi. Secondo quest’ultimi è semplicemente dovuto alle malattie, ma ciò non spiegherebbe come mai i nativi messicani se la siano cavata così bene, vista la documentata occorrenza di forti epidemi in quella regione. La realtà è che gli americani hanno sterminato gli “indiani d’America”.

Popolazione irlandase nel 1800
Da Ireland’s Population in the mid 1800’s

Ciò non è dovuto alla mera barbarie, per quanto indubbiamente gli inglesi siano stati il più grande flagello dell’umanità dopo i mongoli e i comunisti, e di questo non si parla quasi mai. Basti ricordare che gli inglesi crearono alcune delle più devastanti carestie della storia dell’umanità in India, Bangladesh e Irlanda. Ancora oggi l’Irlanda è l’unico Paese al mondo che ha meno abitanti di quelli che aveva al tempo della carestia delle patate, avvenuta nel 1840. Questa è la faccia negativa del razzismo in tutta la sua brutalità. Queste tragedie sono da imputare agli inglese perché nonostante principi di carestie possono accadere ovunque, gli inglesi erano gli unici ad esacerbarle pretendendo che le loro colonie continuassero ad esportare riso o patate, a seconda del luogo. Alcuni delle più grandi carestie della storia causate dal fatto che gli inglesi consideravano l’esigenze del mercato più importanti della vita di milioni di persone. Questo disprezzo così feroce fu un fenomeno unicamente inglese.

Ma torniamo al caso americano; il genocidio dei nativi americano è particolarmente odioso anche perché avvenne proprio per volontà popolare. Ad esempio, lo Stato federale faceva accordi con i nativi per rispettare i loro diritti, ma gli stati li violavano, attaccando e negando i loro diritti, gli indiani reagivano e lo Stato federale mandava la cavalleria[4]. La grande epopea della frontiera, del far west, è costitutivamente legata allo sterminio degli indiani d’america, perché quelle terre erano abitate. E dato che la conquista era fatta da persone comuni che volevano la terra per coltivarla quindi i loro abitanti non potevano essere sottomessi, andavano sterminati o cacciati. È stata una delle più grandi tragedie dell’umanità, e in questo caso gli aspetti negativi creano quelli positivi, vale a dire la gente voleva la terra quindi serviva una ragione per giustificare il fatto che si poteva prendere le terre a loro, ma non potevo rubarla ad un altro americano ed ecco una ragione del razzismo. I bianchi sono migliori dei pellerossa, che sprecano la terra e non sanno coltivarla.

Il linciaggio è divertimento per tutta la famiglia
Il linciaggio è divertimento per tutta la famiglia

Anche l’identità razziale dei neri è strettamente legata a necessità sociali. I neri non furono schiavizzati perché inferiori, al contrario proprio perché erano considerati fisicamente validi. Ma la necessità dei sudisti di giusitificare la loro condizione, sopratutto in un Paese che tecnicamente era fondato sull’uguaglianza degli uomini, ha creato questo fenomeno. Il razzismo divenne parte dell’identità culturale degli Stati Uniti. D’altra parte per i neri questo è stato l’unico elemento di coesione sociale. La schiavitù ha creato i neri, intesi come identità sociale. Non è un caso che ancora oggi l’aspetto negativo del razzismo è soprattutto presente negli ex-stati confederati, ma sono proprio i neri più poveri, non solo al Sud, a considerare un comportamento differentemente da quello tipico dei neri come acting white, agire da bianco. Per quanto sembri perverso i neri sono stati perseguitati per il colore della proprio pelle, ma proprio per questo essere nero significa qualcosa, che non può essere ignorato, soprattutto da chi ha il coloro della pelle scuro. La persecuzione fu considerata necessaria per mantenere certe condizioni sociali e, di contro, queste comuni esperienze crearono un’idenità comune.

In misura minore ciò ha riguardato anche gli italiani[5] e gli europei del sud in generale. Infatti, in passato gli italiani non erano considerati bianchi e sono stati, per qualche decennio esclusi dall’immigrazione al contrario dei tedeschi. Ancora oggi, nonostante l’evidenza cromatica, esistono americani che credono gli italiani abbiano olive skin, pelle color oliva, come i messicani.

E la Germania ?

Abbiamo detto che il razzismo ha precise ragioni storiche e motivazioni politiche. Esiste un caso noto che sembrerebbe sfuggire a questa affermazione: parlo ovviamente dell’Olocausto. In parte è vero, si potrebbe dire l’eccezione che conferma la regola. Ma bisogna ricordare che l’antisemitismo è sempre stato una parte integrante della cultura tedesca, dai tempi di Martin Lutero. Non è un caso che la maggior parte degli ebrei uccisi dai nazisti[6] vivevano in Polonia, un Paese che aveva storicamente mostrato un atteggiamento molto più accogliente verso gli ebrei. Gli attacchi contro la “razza” ebraica erano la continuazione degli attacci contro la “cultura” ebraica. D’altronde anticamente la conversione degli ebrei al cristianesimo era vista come possibile soluzione[7], e mentre per i nazisti non avrebbe fatto differenza. Inoltre se è vero che duranti i primi anni del regime Hitler avrebbe accettato “semplicemente” che gli ebrei se ne andassero[8], con l’arrivo della guerra pensava solo alla soluzione finale.

La situazione italiana

Alessandro Fortis
Alessandro Fortis

Abbiamo visto che il razzismo è un fenomeno complesso, che nasce per ragioni precise ed evolve in maniera imprevedibile, crea identità anche in chi ne soffre le maggiori conseguenze negative. La mia è una sorta di dimostrazione al negativo, è palese che in Italia tutte queste condizioni ed esigenze non sono esistite.

 Al contrario quello italiano è stato uno degli Stati più liberali, italiano fu il primo capo del governo ebraico. Ovviamente il periodo fascista fu meno felice per gli ebrei italiani per quanto meno tragico che altrove, anche se come ebbe a scrivere Primo Levi in Se questo è un uomo, erano talmente integrati da essere malvisti dai loro compagni di sventura più popolani nei campi di concentramento. Solo durante l’occupazione tedesca iniziò la vera persecuzione contro gli ebrei, per quanto non mi rallegrei del fatto che “solo” il 20% degli ebrei italiani fu ucciso.

Un caso di possibile razzismo italiano fu l’occupazione della Libia. Se è vero che da queste sponde partirono per secoli i corsari barbareschi che ci schiavizzarono, il che poteva rendere comprensibile delle misure vendicative, la repressione italiana dei nativi fu dura come quelle di tutte le occupazioni coloniali. Ma questo atteggiamento, per quanto chiaramente disdicevole, non era tanto dettato da considerazioni razziali quanto nazionalistiche e culturali. Persino Pascoli, che era un socialista utopica, ne La grande Proletaria si è mossa cantava le lodi dell’imperialismo, pensando che l’Italia potesse migliorare le condizioni di tutti, anche dei locali, portando la civiltà.

In altre parole questo è l’esempio più lampante che non tutto il male è razzismo e di come sia fondamentale comprendere le ragioni di un fenomeno e i suoi effetti negativi e positivo. Quando qualcuno dice che dobbiamo andare in Africa per aiutare a svilupparli in effetti egli riprende il tema dell’imperialismo utopico di Pascoli, pensando agli occidentali come gente superiore che deve aiutare gli inferiori.

Conclusione

Il razzismo non è dare del negro a qualcuno[9], o in generale rivolgersi irrispettosamente a qualcuno. È una cosa che è sicuramente fastidiosa e da censurare, ma è tutto sommato irrilevante. Gli afro-americani non si arrabbiano per le male parole, ma per i continui soprusi della polizia, per il white flight, cioè la fugadei bianchi non appena arrivano un certo numero di persone di colore nel quartiere, che porta ad una caduta del valore delle case[10], etc. Certo non esistono più le scuole per persone di colore, o le fontane per neri, ma il razzismo, dove esiste, ha un effetto pratico nella vita di tutti i giorni. Il razzismo non è un’idea, o una mera attitudine negativa, ma un’elaborata realtà sociale sorretta da tradizioni e comportamenti collettivi.

Tutte cose assenti in Italia. Quanto qualcuno dice il contrario e sostiene che insultare un calciatore è razzista, non diventa un paladino dei più deboli, ma al contrario sminuisce le vere sofferenze di chi è colpito dal razzismo, in negativo, e nega la complessità del fenomeno, ma annacqua tutto in un «tanto funziona dappertutto così». Il razzismo non esiste nel reame delle sensazioni, ma in quello dei numeri.

Spero sia superfluo dire che questo non vuol dire in Italia non esistano problemi di discriminazione. Ma quando esistono sono dovuti a distorsioni conseguenti la nostra storia e cultura, almeno in questo non siamo la brutta copia dell’America.


Note

1. viva la libertà linguistica []

2. riportato da L’Italia dei secoli bui – Storia D’Italia 1 di Montanelli e Gervaso []

3. solitamente più si è bianchi migliori sono le condizioni sociali, ma ciò non è dovuto ad un’identità razziale quanto alla storia aristocratica delle elite del Paese, che non si mescolavano socialmente con il resto della popolazione. Il razzismo apparente è frutto del classismo latente []

4. Storia degli Stati Uniti d’America, Maldwyn A. Jones []

5. «Uno dei più grandi linciaggi di massa nella storia americana fu di undici italiani a New Orleans, Louisiana 1891» []

6. circa la metà []

7. non che ciò renda la persecuzione una cosa accettabile, ovviamente []

8. si era dichiarato disponibile a spedirli nel Regno Unito o negli Stati Uniti []

9. ci sarebbe anche da discutere sul fatto che la parola italiana negro non è il corrispettivo della parola american nigger, anche per i motivi già edotti, quindi la sua censura è mero allarmismo []

10. e che ha anche giocato un ruolo nel fallimento di Detroit, che è una città povera con il 82.7% di neri al centro di una provincia ricca con una maggioranza di bianchi []

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