Negli ultimi anni è sorta una nuova classe di benefattori come Bill Gates, Warren Buffett, etc. Sono indubbiamente grandi uomini nel senso che hanno dimostrato notevoli capacità e influenzato il mondo più di quanto la stragrande maggioranza di noi farà mai. Bill Gates, in particolare, ha deciso di dedicare il resto della sua vita alla filantropia, non solo i suoi soldi, ma sopratutto il suo tempo e le sue energie, che sono uguali per tutti e quindi più preziosi per chi di soldi ne ha palate. Bill Gates non è solo grande, è anche uomo buono.
Le buone intenzioni non bastano
Ma puoi essere un uomo buono e fare comunque del male, puoi avere buone intenzioni e portare cattive conseguenze. Bill Gates ha donato miliardi di dollari per combattere varie malattie ed in questo non c’è nulla di male. C’è un solo obiettivo per come affrontare le malattie: sconfiggerle. Invece in campo educativo ci sono molte possibilità, non sempre giudicate da tutti allo stesso modo. Ad esempio il teaching to test, ovvero l’educazione per i test e tutto il movimento di valutare l’educazione in base a parametri “oggettivi” è una filosofia controversa. Il problema, come diceva lo scomparso Giorgio Israel è che non esiste una misura oggettiva per valutare l’educazione, perché la misura scientifica richiede un’unità misura. E qual è l’unita di misura della conoscenza ? Non esiste. Quindi non può esiste neanche una valutazione scientifica della stessa. I test, nel migliore dei casi, sono statistiche riguadanti processi. Funzionano per l’industria, dove si possono definire esattamente, per dire, le misure di un bullone, ma non possono farlo per questioni per cui non esistono valutazioni univoche. Questo non significa che non si possa valutare come vengono investiti i soldi in educazione, solo che non può essere fatto con test.
Decidono i baroni
Ma a Bill Gates piacciono i test. E altre cose del genere. Dal suo blog Gates Notes si capisce che fondamentalmente prende decisioni su cosa finanziare in base ai libri che legge. Legge di un’idea interessante ? Boom! Dieci milioni. Anche a me piacciono i libri, ma ha senso che un uomo decida del destino di milioni di persone solo perché ha letto qualcosa di bello ? Qualcuno dirà, sono soldi suoi può farci quel che vuole. Beh, questo è vero solo in parte, come dice Mondi Fantastici parte del problema è che questi hanno fatto i soldi anche evitando di pagare le tasse. O meglio, corrompendo il processo politico per far sì che ai ricchi fosse possibile pagare minor tasse. Perché le tasse sono pagate in misura sproporzionata dalle piccole aziende, perlomeno negli USA dove i piccolo negozi pagano interamente l’aliquota di 27%, una delle più alte al mondo, mentre le multinazionali pagano meno del 2% ed hanno centinaia di miliardi in paradisi fiscali. Voglio dire la Apple da sola ha centinaia di miliardi in paradisi fiscali. Ed un conto è se una comunità decidesse di pagare meno tasse, un altro è se qualcuno corrompe i politici per farsi le scorciatoie fiscali. Ancor peggio è che mentre Bill Gates sarebbe stato comunque un miliardario, perché Microsoft ha creato valore, altre aziende, come Uber non necessariamente. Questa fondamentalmente è solo un app di taxi, ma vale molto perché ha trovato un modo per aggirare le leggi sull’impiego e quindi pagare pochissimo i propri (legalmente non-)dipendenti. Quindi la situazione peggiora con gli anni. Non si tratta di un solo uomo, ma di una parte della società che bara. Il fatto che poi qualcuno restituisca qualcosa è encomiabile, ma questo non nega la natura del problema.
Il ritorno dell’aristocrazia
La mia maggiore critica, però, è un’altra. Negli Stati Uniti c’è una grande tradizione di filantropia, si ricordano in passato sopratutto Carnegie e Rockfeller. Grandi benefattori, ma anche discutibili affaristi, ovvero Robber barons. Vennero accusati, come i loro epigoni contemporanei, di monopoli e influenze illegittime sui governi. Oggi sono ritornati perché è ritornata la corruzione sistemica da parte della grande industria. Il problema che la filantropia non funziona bene quanto un governo che sistematicamente combatte la povertà. Infatti la prosperità non si è mai diffusa tanto, negli Stati occidentali, come durante il periodo del dopoguerra fino agli anni ’70, quando i governi avevano più supporto e potere. Non voglio certo dire che il governo abbia sempre ragione o faccia sempre bene, noi in Italia sappiamo benissimo che non è così, ma se vogliamo creare una società più prospera l’arbitrio di singoli uomini non basta. Le organizzazioni dedite allo scopo funzionano meglio. Non deve necessariamente essere lo Stato. Ad esempio in campo educativo possiamo scegliere obiettivi comuni e lasciare alle singole scuole, anche private, la possibilità agire come meglio credono. Le grandi burocrazie sono più efficienti. Se alcune di loro non funzionano non significa che non vale più il principio, solo che devono essere amministrate meglio.
La domanda politica più importante è sempre: chi decide ? La risposta determina chi ha il potere. Se decidono tutto loro non siamo più in democrazia. Noi stiamo tornando al periodo dell’aristocrazia. In cui uomini superiori decidono del destino del mondo. Non era un gran mondo, non lo sarebbe di nuovo.