L’influenza di Machiavelli nella politica italiana

Machiavelli è noto in Italia per il suo ruolo di teorico della politica, grazie alla sua opera Il Principe, ma meno chiaro è il suo effettivo ruolo storico e politico in Italia. Le ragioni di questa ignoranza sono sia nel fatto che ha partecipato alla vita politica di Stati antichi e senza una linea diretta con lo Stato italiano attuale, sia che il suo contributo teorico ha di gran lunga superato qualsiasi suo effettivo impatto politico.

Per fare un paragone, anche Dante Alighieri ha fatto politica in vita e ciò ha avuto un grandissimo impatto nella sua vita personale, però a noi non importa granché poiché la Divina Commedia ha un valore ancora oggi, ma la sua azione politica no.

Machiavelli ha avuto un’influenza diretta?

Tra il 1498 e il 1512 Machiavelli è stato coinvolto nel governo repubblicano di Firenze, principalmente in affari diplomatici e militari. Questo lo ha portato a partecipare a missioni diplomatiche in Francia, Spagna e in giro per l’Italia, soprattutto a Roma, alla corte del Papa. È appunto grazie a questa sua esperienza sul campo che scrisse vari libri sulla politica1, tra i quali i maggiori sono: Il Principe, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio e l’Arte della Guerra. L’ultimo è stato il solo pubblicato durante la sua vita.

I principali temi dei suoi libri

  • Il Principe verte principalmente sugli aspetti politici pratici di principati appena stabiliti rispetto ai vecchi principati e alle repubblica. Parla della politica nel contesto del passaggio di regime ad un nuovo principato.
  • Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio è un [po’ confusionario] libro sulla storia politica, specialmente quella di Roma paragonata quella dell’Italia di allora. Parla anche di come la virtù morale dei cittadini sia il fondamento di una lunga repubblica.
  • L’Arte della Guerra è un trattato di strategia militare. Parlava principalmente dell’organizzazione militare romana e di come importarla nell’Italia di allora

Sostanzialmente il grande interesse di Machiavelli era come migliorare la situazione politica italiana del suo tempo. Spesso lo faceva analizzando e cercando di imparare dall’unico (grande) successo noto al suo tempo: quello dell’Antica Roma. Non dimentichiamo che, forse con l’eccezione di Venezia, nessuna repubblica italiana di allora riuscì mai a formare un vero sistema repubblicano stabile. Così come l’Antica Grecia, fu perlopiù un susseguirsi di aristocrazie e/o governi instabili con ondate di persecuzioni reciproche.

Perché scrisse questi libri e qual è il loro vero significato?

Secondo alcuni critici, scrisse il suo libro più famoso primariamente per riguadagnare potere politico: per farsi notare da chi di dovere, se vogliamo usare questa espressione. Altri, soprattutto commentatori più tardi come Rousseau, credevano che fosse scritto come satira:

Machiavelli era un galantuomo ed un buon cittadino: ma legato alla casa de’ Medici nella oppressione della sua patria, era costretto di mascherare il suo amore per la libertà. La sola scelta del suo nefando eroe, Cesare Borgia, palesa abbastanza la sua segreta intenzione; e le massime del suo libro Il principe, opposte a quelle de’ suoi Discorsi su Tito Livio e delle Storie Fiorentine, danno a divedere che questo profondo politico non ha avuto fin qui se non lettori superficiali o corrotti. La corte di Roma ha severamente proibito il suo libro, ed io lo capisco benissimo, perché la dipinse al vivo

Jean-Jacques Rousseau, Il Contratto Sociale

Altri hanno sostenuto che Il Principe non fosse una satira, ma una guida per rovesciare i principi, o dandogli cattivi consigli o educando il popolo sul loro comportamento.

Quello che sappiamo è che dedicò Il Principe al suo nemico, la famiglia dei Medici, che rovesciò il governo repubblicano e lo torturò anche. Personalmente penso che non avesse alcuna speranza di riguadagnare direttamente il potere politico2, ma voleva guadagnare influenza grazie alla sua competenza. Peraltro pensava l’Italia fosse fregata con la classe dirigente che aveva allora, l’unica cosa che poteva fare era provare a migliorarla.

Leggendo i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio è ovvio che la sua forma di governo favorita fosse la repubblica, ma conosceva la storia3 e la politica, quindi era cosciente che il potere dell’Italia stesse indebolendosi. In base ai suoi libri sembra che credesse che la ragione principale fosse la mancanza di virtù politiche delle popolazioni italiane4; specialmente se paragonati ai Romani, che li portava a divisioni e cadute delle repubbliche. Essi preferivano allearsi temporaneamente a potenze straniere e usare mercenari piuttosto che seguire una politica di lungo termine. In altre parole, i governanti e le città-stato erano impegnate a sopravvivere e mantenere il potere attuale invece che mantenere le condizioni per stabilità e prosperità.

I suoi libri furono influenti?

Come si può immaginare da tutti queste discussioni circa la vera ragione perché scrisse quel piccolo libro, i suoi libri furono molto influenti. All’inizio fu letto principalmente per i suoi consigli pratici di politica contenuti ne Il Principe. In seguito il suo lato repubblicano acquistò più importanza ed è anche accreditato come uno dei fondatori della moderna scienza politico e del pensiero empirico in generale. Si può leggere su Wikipedia, ma lasciatemi citare alcuni nomi:

L’importanza dell’influenza di Machiavelli è significativa in molte figure importanti per la scienza moderna, come ad esempio Bodin, Francis Bacon, Algernon Sidney, Harrington, John Milton, Spinoza, Rousseau, Hume, Edward Gibbon, e Adam Smith. Benché non fosse sempre menzionato per nome come un’ispirazione, per via della sua controversia, si ritiene che abbia anche avuto una certa influenza per altri importanti filosofi come Montaigne, Descartes, Hobbes, Locke e Montesquieu.

Da Wikipedia


Il libro sulla strategia militare non fu così influente, anche se probabilmente lui lo ritenesse il suo libro più importante. Lui riteneva che l’esercito fosse la parte più importante dello Stato, un fatto comprensibile visti i tempi in cui viveva. Vedeva l’uso dei mercenari italiani da parte delle città-stato come il principale problema politico e strategico, perché erano inaffidabili e lasciavano i loro datori di lavoro in condizione di debolezza. Inoltre pensava che l’uso di un esercito di cittadini sarebbe stato un grande creatore di virtù civica. Effettivamente guidò la milizia fiorentina alla vittoria contro Pisa, dove prima i mercenari e la politica aveva fallito.

Il vero problema, però, era che le città-stato non sceglievano i mercenari, erano sostanzialmente costretti ad usarli. Non avevano una popolazione sufficiente per avere un esercito stabile, come accadeva per grandi Stati come Francia o Spagna. Contro simili nemici, superiori per numero e più determinati, le armate mercenarie non avevano scampo. Inoltre, così come per Roma, i cittadini erano impegnati in attività economiche, di conseguenze non avevano tempo per addestrarsi, né avrebbero potuto partecipare a lunghi conflitti. Nel caso di Roma fu una delle conseguenze della caduta della repubblica.

Quindi la verità era che, benché lui avesse guidato la milizia di Firenze, non aveva il tempo e la formazione per influenzare realmente la strategia militare. Dato che era un politico pragmatico aveva provato ad affrontare la questione, ma la vedeva principalmente nell’ottica delle sue conseguenze politiche. Benché l’importanza che diede all’organizzazione e alla disciplina, ovvero una prospettiva romana, ebbe una certa influenza, questa si manifestò principalmente su persone che già lo pensavano e avevano bisogno di supporto politico all’idea. Il che è un testamento della sua influenza politica più che militare.

Per fare un paragone, è come se oggi, vista la crisi economica italiana, un politico tentasse tentasse di scrivere un libro di economia. I risultati non potrebbero essere che mediocri.

In Italia è ricordato anche per altri motivi, non come il profeta del declino italiano, che era già iniziato ed era stato osservato da altri, ad esempio anche Dante5. Invece è stato il primo a capire le ragioni per cui era accaduto e a proporre delle iniziative pratiche per risolverli.

  1. scrisse anche opere letterarie
  2. scrisse ne Il Principe che nessuno dovrebbe aspettarsi che qualcun altro dimentichi torti passati, nella sua opinione questa era una delle ragioni che aveva riportato i Medici al potere. Di conseguenza sarebbe stato improbabile che si aspettasse una sorta di grazia
  3. ottenne una posizione ufficiale come storico e scrisse sulla storia di Firenze
  4. oggigiorno gli storici adducono ragioni geografiche e politiche per spiegare la caduta delle città-stato italiane. La geografia italiana rendeva difficile creare grandi stati. Inoltre esse erano continuamente dedite a bilanciarsi l’un l’altra. Volevano evitare che una di esse guadagnasse la supremazia. La combinazioni di questi due elementi rese facile che cadessero una dopo l’altra sotto l’influenza di potenti stati stranieri
  5. Ahi serva Italia, di dolore ostello,
    nave sanza nocchiere in gran tempesta,
    non donna di provincie, ma bordello!
    Purgatorio, Canto V, vv. 76-78

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