Uno degli aspetti più strani del contemporaneo discorso sui rifugiati è l’idea che il sistema attuale dei rifugiati sia sensato. Che sia stato progettato in nome di un buono e ben definito diritto umano dei rifugiati di essere accolti. Chi non li accetta a braccia aperte i rifugiati è un barbaro e un criminale. Non è così, il sistema dei rifugiati è un coacervo di interessi contrapposti che risulta in situazioni assurde.
Un altro aspetto poco discusso è che la maggior parte dei rifugiati non sono effettivamente rifugiati, cioè non scappano per costrizione, ma per cercare opportunità. Questo però è discorso che merita un altro articolo.
Tornando al punto, una conseguenza di questa confusione è che genera domande come questa:
Perché i rifugiati non entrano alla frontiera Turchia-Grecia, ma rischiano pericolosi viaggi in mare?
In effetti, non conoscendo il sistema dei rifugiati, può sembrare una cosa insensata. Se i rifugiati hanno diritto di asilo, perché non presentarsi sicuramente e comodamente alla frontiera terrestre e chiedere asilo? Forse i rifugiati sono tutti scemi?
No, non è così. Tralasciando appunto il fatto che molti1 non hanno le qualifiche per essere rifugiati, chi tentasse di entrare alla frontiera terrestre senza documenti sarebbe respinto.
Un film istruttivo (?)
Ricordo di aver visto un film americano tanti anni fa che iniziava così: un cubano sceso da una barca malandata a pochi metri dalla spiaggia americana correva verso la riva. Il protagonista della scena correva verso terra dribblando un poliziotto e si accasciava poi al suolo una volta raggiunta la riva. L’idea era che se avesse toccato terra sarebbe potuto rimanere, ma se fosse stato fermato in mare dal poliziotto sarebbe stato arrestato e rimandato indietro per ingresso illegale. Non ho più trovato quel film, ma in effetti era una rappresentazione veritiera della politica americana di quel periodo: Wet feet, dry feet (piedi bagnati, piedi asciutti).
Per effetto di una certa interpretazione di una legge chiamata Cuban Adjustment Act qualunque cubano fosse arrivato a terra (piedi asciutti) avrebbe avuto la possibilità di ottenere il diritto di residenza permanente, mentre chi fosse stato intercettato in mare sarebbe stato rimpatriato a Cuba. Questa bizzarra politica era il frutto di un compromesso: gli Stati Uniti volevano accettare tutti i cubani come rifugiati, ma Cuba voleva evitarlo perché ci faceva brutta figura. Il compromesso fu quello di respingere la gente in mare e accettare chi raggiungeva terra.
Questo è un esempio specifico della bizzarria delle leggi sui rifugiati. A riprova di questa bizzarria generale le leggi europee, e del resto del mondo, hanno sostanzialmente effetti opposti. Ecco perché gli aspiranti rifugiati scelgono il mare.
Tutti al mare
L’accoglienza di rifugiati può sembrare una conquista del diritto moderno, ma è in realtà una pratica antica. Molti popoli adottarono simili politiche, addirittura dai tempi degli antichi egizi. Allora, come oggi, veniva idealmente fatto per mutuo beneficio. Dico idealmente perché non era sempre così. La differenza è che in passato veniva applicato ad intere popolazioni o tribù. Per esempio i Romani usavano, e talvolta invitavano, intere popolazioni di rifugiati per ripopolare aree disabitate in seguito a catastrofi più o meno naturali.
Le leggi sui rifugiati contemporanee sono il prodotto della Seconda Guerra Mondiale. Infatti originariamente erano limitate alle persone toccate dalla guerra e gli eventi ad essa legati in Europa2. Vennero poi estese a tutti nel 1967.
A quei tempi si pensava che movimenti di massa di popolazioni fossero eccezionali e difficili. Ciò per motivi legali e pratici: le notizie e le persone si muovevano più lentamente e molti Stati rendevano anche legalmente difficili muoversi, talvolta persino all’interno dei propri confini. In particolare ciò avveniva nelle dittature comuniste, ma non bisogna dimenticare che la libertà di movimento, anche solo interna, è comunque un fatto recente in termini storici. Senza contare una generale forte diffidenza verso il forestiero, cioè chiunque vivesse oltre i paesi vicini, qualcosa che oggi è difficile comprendere.
Pertanto se uno Stato si trovava ad accettare molti rifugiati, era un fatto voluto, esso stesso si portava a casa i rifugiati. Per esempio, questo è ciò che gli Stati Uniti fecero dopo la Guerra nel Vietnam, per cui accettarono più di 1 200 000 persone da Vietnam, Laos e Cambogia. Pensate invece a ciò che hanno fatto per i rifugiati afghani: ci sono più rifugiati in Germania che negli Stati Uniti.
Ciò significa che gli Stati, come la Grecia, che non possono, o non vogliono, accettare rifugiati, hanno vari metodi legali per rifiutarli. Nel caso specifico possono legalmente rifiutare l’ingresso ai potenziali rifugiati che bussano ai confini terrestri, ma non a quelli che entrano dal mare. Questo perché in mare sono considerati in imminente pericolo di morte mentre su terra no, dato che la Turchia è un Paese stabile3. Quindi in mare prevale il rischio di morte, mentre via terra prevale il diritto di rifiutare l’entrata.
La seconda ragione è politica: nella UE l’accoglienza dei rifugiati è governata dalla Convenzione di Dublino che, sostanzialmente, prevede che i rifugiati siano accolti dal primo Paese europeo in cui arrivano. Pertanto accettare ufficialmente i rifugiati al confine terrestre costringerebbe la Grecia ad accettarli. Se invece questi rifugiati apparissero misteriosamente in Germania da chissadove, allora la Germania dovrebbe accettarli.
Dal 24 Agosto 2015, all’apice della crisi dei migranti siriani, la Germania aveva ufficialmente esentato i rifugiati siriani da questo regolamento impegnandosi ad accettarli tutti, quale che fosse la provenienza. Notate che ciò valeva solo per i siriani, non per persone provenienti da altri luogo. Poi questa politica è stata a volte estesa ufficiosamente e a volte ristretta nuovamente. Quindi è semplicemente più sicuro, per la Grecia, respingere i migranti.
Ciò è vero a maggior ragione poiché se ci fosse un unico Paese ad accettare i rifugiati questo sostanzialmente rimarrebbe fregato. Milioni di persone potrebbero riversarsi in esso, con conseguenze catastrofiche. Quindi, in mancanza di accordi condivisi da un largo numero di Stati, questo sistema senza senso è più sicuro e un miglior compromesso dei vari interessi.
Questo sistema ha portato milioni di persone a rischiare la vita in cambio di una piccola possibilità di successo. Eppure se ci pensate è onestamente difficile idearne uno migliore.
Pensate alla soluzione teoricamente ideale: chiunque ne abbia diritto può richiedere comodamente lo status di rifugiato all’ambasciata locale. Per eliminare il rischio si negherebbe automaticamente lo status di rifugiato a chiunque entrasse in maniere illegale, cioè non utilizzasse i metodi stabiliti. Sulla carta un sistema perfetto, giusto? Ma nella pratica, questo escluderebbe la grande maggior parte delle persone dei Paesi poveri, che non sono effettivamente rifugiati, poiché vivono in paesi stabili. Credete davvero che milioni di africani accoglierebbero con favore la chiusura di ogni possibilità di vivere in Paesi ricchi? La risposta è no, perché oggi accade proprio che milioni rischino la vita per una sola piccola possibilità di ottenere questa vita.
- anzi la maggior parte secondo le stime più comuni
- ad esempio l’esodo dall’Istria e la Dalmazia
- Notate che il concetto di Paese stabile è diverso da quello di Paese Sicuro/Safe Country