La nascita degli italiani

L’etnogenesi degli italiani avvenne sostanzialmente in due fasi: una culturale, dell’aristocrazia e degli intellettuali, ed una politica, della gente comune. Queste due fasi sono collegate alla creazione della lingua italiana e alla sua diffusione. Il processo fu complesso anche perché l’Italia, come regione geografica, esiste dai tempi degli Antichi Greci1. Invece come concetto politico è esistito e scomparso in varie forme dai tempi dell’Antica Roma.

L’idea fondamentale da tenere presente è che le identità, che siano politiche e culturali, come appunto quella italiana, prendono forma quando sono alla base di un’esperienza comune. Per fare un esempio, se l’Europa è un concetto geografico, gli Europei, nel limite in cui esistono, sono gli abitanti dell’Unione Europea, ovvero le persone che condividono in qualche misura leggi ed esperienze comuni. L’esistenza di un popolo europeo è sostenuta proprio da chi ha avuto più significative esperienze comuni, come ad esempio chi ha partecipato al progetto Erasmus, un programma di mobilità tra gli studenti universitari degli atenei europei.

La creazione dell’idea di Italia

La nascita culturale dell’Italia inizia con il Rinascimento, ma è anche connessa al precedente conflitto politico tra il Papa e il Sacro Romano Imperatore in Italia, che creò due fazioni di sostenitori: Guelfi e Ghibellini. Questo spazio culturale e politico comune portò all’adozione del toscano come lingua comune nella regione italiana e all’idea di un’unica entità politica italiana.

In questo periodo non vi era una ben definita idea di Italiani, ma solo dei vaghi progetti politici su di una sorta di federazione, governata dal Papa o da un principe. Era discussione a cui prendevano parte persone come Machiavelli. Se esisteva una visione politica comune questa era che l’Italia fosse uno spazio comune di lotta tra le varie entità politica della regione.

La geografia italiana rendeva difficile creare grandi stati. Pertanto la maggior preoccupazione delle città-stato italiane era bilanciarsi l’un l’altra. Volevano evitare che una di esse guadagnasse la supremazia. Se questa realtà diede inizialmente vita ad un fertile terreno di sviluppo e confronto comune, verso la fine del medioevo si trasformò in una debolezza. Le ricche città-stato italiane inizialmente cercarono supporto in potenze straniere per bilanciare i più potenti attori interni, come la Repubblica di Venezia, poi ne vennero sopraffatti. Le potenze straniere ebbero interesse e facilità nel conquistare le ricche città-stato italiane.

Machiavelli, ed altri, avevano ben chiaro quale fosse il problema: l’Italia era ormai solo spazio di lotta, per le potenze straniere e locali. Non avevano però in mente una vera soluzione, se non quella di una generica federazione. Non vorrei però biasimare troppo i nostri antenati, pretendere che nemici secolari diventassero rapidamente dei nemici, anche di fronte al pericolo era difficile. Perlopiù che questo avvenisse senza figure forti e piani precisi era praticamente impensabile.

La resurrezione dell’idea di Italia

Dopo il rinascimento e le seguenti invasioni dell’Italia, la questione di una penisola unificata venne messa da parte fino al periodo del Romanticismo. Napoleone diffuse gli ideali della Rivoluzione Francese con le sue conquiste e spazzò via vecchie tradizioni e realtà esistenti. Anche dopo la sua caduta la nuova cultura e alcune nuove leggi rimasero.

Questo sentimento fu abbracciato dal Regno di Sardegna-Piemonte2 che guidò la creazione dell’Italia come stato.

Bisogna osservare che il processo di unificazione fu esso stesso cruciale per la questione del popolo Italiano. Infatti mentre Mazzini (l’ispirato dell’unificazione) e Garibaldi (il combattente) aveva un’idea Romantica della nazione italiana, la dirigenza piemontese aveva un’idea medievale dell’Italia. Quando i Savoia pensavano all’Italia pensavano alla parte della regione geografica italiana che era stata parte del Sacro Romano Impero, ovvero il nord e il centro d’Italia. Inoltre concepivano l’idea come un mezzo per aumentare il proprio potere. Cavour, il primo ministro del Regno di Sardegna-Piemonte, invece aveva una visione Romantico-Liberale dell’Italia, come un solo mercato e un solo popolo, ma questo popolo era solo la parte educata e ricca della popolazione.

Quest’ultimo aspetto è il più controverso dell’unificazione d’Italia. Infatti si è passati una versione quasi agiografica dell’unità d’Italia, che esisteva ai tempi del Regno d’Italia, ad una molto critica, nel dopoguerra, che vedeva alcuni storici sottolineare come questo processo avesse coinvolto solo la borghesia, ovvero la classe medio-alta e che l’idea del popolo italiano non fosse condivisa dall’abitante medio. Questa visione era sostenuta soprattutto da una parte politica che vedeva la Repubblica, e la Resistenza, come vero momento di unificazione e nascita dell’Italia.

Dopo la caduta del Comunismo si sta lentamente affermando una visione più neutra e lontana da queste pesanti influenze politiche. Se è vero che dal concetto di popolazione sostanzialmente venivano esclusi i ceti più poveri questo era vero in Italia come in tutte le altre società liberali, come ad esempio il Regno Unito. In parte per motivi culturali, dato che la maggior parte della popolazione era analfabeta e non poteva quindi partecipare alle discussioni per motivi puramente pratici. In parte questo era un profondo problema politico delle società liberali che diede vita a reazione come Comunismo e Fascismo, i quali in termini contemporanei si direbbe erano più populisti. La risposta democratica a questo problema liberale arrivò solo nel dopoguerra, con la diffusione del suffragio universale e dell’alfabetizzazione.

La nascita degli italiani

Nel periodo seguente all’unificazione ci furono molti conflitti interni, sia culturali che sociali, legati alla natura del nascente stato. Esistevano quindi veri problemi specifici dell’Italia, non legati a caratteri comuni di altre società liberali. Altri stati, come la Germania, che venne unificata nello stesso periodo storico, ebbero anch’essi problemi, ma di natura diversa.

Lo Stato Italiano fu all’inizio fortemente anti-cattolico e nazionalizzò monasteri, scuole e altre proprietà della Chiesa Cattolica. Ciò creo disordini, specialmente nel meridione, sia per ragioni culturali sia poiché la Chiesa era la sola istituzione che forniva assistenza sociale alle persone in povertà, che erano molte nel sud. Inoltre vi furono accuse di piemontesizzazione3 poiché la burocrazia del Regno di Sardegna-Piemonte fu sostanzialmente importata nel resto del Paese, con risultati disastrosi nel Sud.

Nel resto d’Italia, benché ci furono critiche e proteste anche altrove, il processo avvenne senza grandi problemi. Lo spostamento della capitale a Roma, nel centro d’Italia, pose fine ad ulteriori accuse di abusi dal Piemonte4. La principale critica del resto del nord era legata alle istituzioni stesse piuttosto che al fatto che venissero dal Piemonte.

In termini culturali il processo fu molto più pacifico, non vi furono accuse di soppressione di tradizioni o dialetti locali. Benché i tre principali personaggi dell’unificazione: Mazzini, Garibaldi e Cavour venivano tutti dal Piemonte, subito la classe dirigente venne reclutata da tutte le altri parti del Paese, incluso il sud.

Abbiamo gli Italiani!

Nonostante il progredire di questo processo, vi è accordo che la diffusione di costumi e linguaggio comuni si concluse con la fine della Prima Guerra Mondiale, poiché:

  1. Era una guerra nazionalistica di liberazione delle rimanenti terre del popolo Italiano ancora sotto il controllo Austriaco. Altre terre storicamente italiane rimanevano sotto il controllo di Paesi limitrofi. E inoltre l’Italia perse del territorio dopo la Seconda Guerra Mondiale. Però la questione ha perso significato dopo la Seconda Guerra Mondiale, ecco perché si considera giustamente concluso il processo dopo la Prima Guerra Mondiale, mentre le conquiste seguenti o le mancanze rimanenti sono considerate illegittime o insignificanti
  2. Portò a diffusi cambiamenti sociali e alla supremazia definitiva del linguaggio nazionale rispetto a quelli locali
  3. Portò al primo conflitto sociale ed ideologico comune, vedi Biennio Rosso e la nascita del primo effettivo partito politico in Italia, Il Partito Nazionale Fascista. La politica italiana della epoca liberale verteva principalmente su singoli dirigenti capaci di corrompere abbastanza persone da guadagnare il potere, piuttosto che da comuni obiettivi politici. Gli stessi partiti politici non nacquero che dopo alcuni decenni. Ci furono vari partiti politica prima di quello fascista, ad esempio iI Partito Socialista Italiano. Ma tutti, per un motivo o per l’altro, non divennero mai delle efficaci forze politiche in grado di rappresentare effettivamente una popolazione di riferimento
  4. La sua fine permise la conclusione del conflitto tra Papa e Stato Italiano. Alcuni danno credito al regime fascista per questo sviluppo, ma in realtà il processo era iniziato prima della Guerra, fu interrotto da essa e dal caos sociale che ne seguì. Il regime fascista fu semplicemente il primo governo a poter approfittare della stabilità per concludere il processo

In sintesi, la creazione del popolo Italiano è sorta su di un’antica cultura comune, è stato ispirato da un’idea Romantica e guidato da una classe dirigente educata che aveva valori condivisi, nonostante alcune differenze culturali.

  1. Famosa la frase di Metternich: «L’Italia è [solo] un’espressione geografica», poiché si opponeva alla creazione di uno Stato italiano.
  2. Guidato dalla Casa dei Savoia, che aveva iniziato la sua storia come nobiltà francese, ma aveva intrapreso un lungo percorso di italianizzazione durante i secoli
  3. Una minoranza di storici sostiene che il problema fu invece l’opposto, che la piemontesizzazione non avvenne e le inefficienti e corrotte istituzioni del meridione non furono migliorate
  4. oggi il Piemonte è una delle regioni più povere del nord

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